Mistero dei Monti 2021: anche in un anno così difficile, Roberta e Giacomo Bonazza non hanno voluto mancasse a Campiglio l’appuntamento che molti affezionati turisti aspettano ogni anno. Se poi consideriamo che il 2021 è l’anno dedicato a Dante, come potevano gli infaticabili organizzatori passare oltre? Da ultimo, e non per ultimo come si suol dire, l’anno prossimo si festeggeranno i 20 anni della kermesse. L’edizione di quest’anno ha avuto, quindi, il compito di traghettarci, in compagnia del ricordo del viaggio dantesco, verso i festeggiamenti della futura ricorrenza, nutrendo aspettative che certamente non andranno deluse.
Protagonista del primo evento il 3 Agosto è stato lo scultore e accompagnatore di media montagna Nicola Cozzio che ha presentato il suo libro “Tredici alberi. Racconti di uomini e radici” a Malga Zeledria, sotto un cielo minaccioso, ma che è stato magnanimo e ha solo contribuito a creare la giusta atmosfera.
Non appena i presenti si sono accomodati sui massi, posti a semicerchio in un angolo pittoresco ai margini del bosco, Giacomo Bonazza ha preso la parola per illustrare brevemente il tema di quest’anno, che non poteva non avere al centro il Sommo Poeta: “Abbiamo cercato nella Divina Commedia un aggancio coi monti, convinti che la montagna rappresenti una fonte di suggestione da diversi punti di vista. Tra l’altro, Dante è stato, nella sua opera, l’emblema dello scalatore … sia nella discesa all’Inferno (e l’anno scorso il tema del festival fu proprio la discesa), sia nella salita (i dilettosi monti) che l’ha condotto, e conduce gli uomini di tutti i tempi, lassù, dove c’è il Paradiso, l’eden, la speranza.” L’organizzatore del Mistero dei Monti ha dichiarato: “ Ricordiamoci che Dante è un contemporaneo, non ha scritto qualcosa sull’aldilà legato a un tempo antico, ma qualcosa che ci riguarda … E la montagna ci viene in aiuto, è la materializzazione di un’ascesi, importante potenza simbolica … anche se è difficile tradurre le emozioni in parole … E sono alberi trascesi anche quelli descritti da Nicola Cozzio, raccontati in simbiosi con Madre Natura …”
E’ intervenuta brevemente anche la cugina Roberta: “Il tema del bosco è proprio una delle primissime suggestioni presenti nell’opera dantesca. Per questo abbiamo voluto partire con un racconto, all’aperto, al limitare di un bosco …. La metafora è molto vicina al nostro quotidiano, perché gli alberi sono i nostri compagni e sono tantissimi … Nicola si è messo in ascolto e ha deciso di raccontarli, spiegando non solo dove crescono, ma soprattutto la loro storia, le caratteristiche, la simbologia ad essi legata…”
Mentre il cielo si scuriva, le fronde si muovevano a un leggero vento, la parola è passata all’autore che ha così esordito: “Non sono un botanico e il mio approccio è contemplativo; non sono nemmeno uno storico, anche se parlo del significato simbolico dei vari alberi nelle culture antiche. Mi ritengo semplicemente un appassionato.” Nelle prime pagine del libro è riportato un pensiero di Herman Hesse “Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi sa ascoltarli, conosce la verità”. Questo penso sia l’approccio di Nicola che, a proposito del suo libro ha illustrato solo qualche caratteristica: “E’ composto da tredici racconti brevi di fantasia, ognuno dedicato ad un albero diverso… Direi che il volumetto rappresenta un bel compagno di viaggio, da tenere nello zaino quando si fanno camminate o escursioni.”
I tredici alberi, i cui nomi sono riportati in italiano, in latino e in lingua ladina, sono: abete rosso, abete bianco, robinia, frassino, cirmolo, betulla, faggio, larice, pino mugo, carpino, tasso, nocciolo, acero.
“In Trentino– dice l’autore- è prevalente l’abete rosso ( l’abete caro ai liutai!), la cui resina, rasa, va benissimo per cicatrizzare le ferite e possiede ottime proprietà antibatteriche e antimicrobiche …” E parecchie altre qualità che scoprirete leggendo il libro! Sono anch’io pienamente d’accordo con l’autore che non ha voluto svelare troppo del contenuto, per non togliere il piacere della scoperta fatta con la lettura, anche se ha regalato all’attento pubblico presente qualche altra curiosità, inframezzata da ricordi d’infanzia e di tradizioni millenarie: “ Il frutto più prezioso dell’abete bianco, del quale praticamente ogni parte può essere usata per guarire malattie diverse, è però l’olio d’ Avez, che solidifica dopo essere stato raccolto e costituisce un rimedio naturale per la tosse ed il raffreddore. Il frassino, invece, era una pianta sacra per i Celti: l’albero cosmico che regge il mondo, che collega il suolo al cielo, rappresentando un legame tra mondo della materia e dello spirito. Infatti il dio Odino si appende ad un frassino e lì rimane per nove notti, muore, acquisisce la sapienza e torna nel mondo. Il frassino è, inoltre, anche un bellissimo legno per i falegnami , perché resistente e leggero. Viene usato per costruire, per esempio, i manici degli attrezzi … E’ anche l’albero della manna …” (Il resto, lo trovate da pagina 58! ) “E che dire del cirmolo, legno degli scultori per eccellenza, e del suo profumo persistente e inconfondibile? I letti venivano fatti col cirmolo, così come i cassetti, perché è letale per le tarme. In queste zone , lo si trova sopra il lago delle Malghette, verso Pradalago. Vive in simbiosi con la gazza Nocciolaia …”
A questo punto, per omaggiare le numerose signore presenti, infreddolite, ma affascinate dai racconti, Nicola passa a parlare della betulla, la vera signora della foresta: “E’ l’albero femminile per antonomasia, sacra per i popoli del nord della Russia in quanto è il primo che mette le foglie dopo la neve. Per questo lo si può definire l’albero della rinascita, simbolo di fertilità e di amore. Una curiosità, levando dalla corteccia delle strisce e facendo con esse una pallina, diventa il miglior stoppino ecologico per accendere la stufa.” (Le sue proprietà? A pagina 78 e seguenti.!.)
Intanto il cielo sembra non farcela più a trattenere la pioggia che il bosco aspetta: si va verso la conclusione.
Interviene Giacomo Bonazza che fa notare come “… ci sono paesi che prendono il nome proprio dagli alberi, per esempio Rovereto, Bedollo, ma anche lo stesso Pinzolo (un solo pino, in italiano).” La cugina Roberta sottolinea questa “relazione fortissima” fra uomo e natura nel passato, dimenticata troppo a lungo, ma sempre più di attualità in questi nostri giorni.
Riprende allora la parola Nicola Cozzio per esprimere, a questo proposito, un’amara constatazione: “Noi moderni abbiamo perso parecchio nel corso del tempo, abbiamo cancellato tutta la sapienza che c’era intorno alla natura, perché ormai conta soprattutto l’approccio economico. Abbiamo dimenticato l’importanza del vivere in simbiosi con la natura … Non vengono più rispettate le vecchie e sagge consuetudini, non si fa più riferimento alle fasi lunari …” Inoltre sottolinea: “Il rapporto tra uomo e piante, nell’antichità, era paritario; con l’avvento della religione cristiana non più, perché Dio viene posto sopra. Un esempio: i pagani festeggiavano il solstizio d’inverno dal 21 al 24 Dicembre, ma con l’avvento del cristianesimo, con la collocazione del Natale il 25, le credenze antiche furono soppiantate.”
A chiudere l’appuntamento, mentre dal cielo cominciava a cadere qualche goccia di pioggia, non poteva mancare un riferimento a Dante: “Nel canto che vede protagonista Pier Delle Vigne, Dante trova le persone che si sono tolte la vita trasformate in alberi. Anche Virgilio nell’Eneide aveva trasformato Pallante, un eroe martire, in pianta per farlo continuare a vivere. Nella Commedia, però, c’è una sostanziale differenza: Dante trasforma i suicidi in piante come punizione, secondo l’infernale legge che ne sta alla base, la legge del contrappasso…”
Sono quasi le 19, la pioggia si fa più insistente, si raccolgono le coperte che avevano permesso ai presenti di sedersi sulle rocce ad ascoltare le parole dello scrittore. Ci si sposta, quindi, al coperto per un brindisi che vuole essere di ringraziamento e auspicio per un ritrovato e profondo amore per la natura, all’insegna della sua conoscenza, di una sua attenta osservazione e, soprattutto, di un profondo rispetto.
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