casale architetto

Intervista a Francesca Cutini, l’architetto dei materiali naturali e del recupero

Milano nel cuore. Milano, la grande Milano. Milano è sempre Milano. Milano non si ferma, non piange su se stessa. Milano vuol dire energia, progetti…Milano prende, ma ritorna molto di più di ciò che ha preso. Milano sintetizzato con tre D: discrezione, disciplina, dovere (Giorgio Armani). Per finire (ma tanto altro potrei aggiungere), e per introdurre la professionista di cui oggi vi parlerò, ecco cosa scrive Guido Piovene. “Per capire Milano, bisogna tuffarvisi dentro. Tuffarvisi, non guardarla come un’opera d’arte”.  L’architetto Francesca Cutini Roveda, che ho conosciuto grazie alla giornalista e scrittrice Michela Proietti che avevo intervistato un anno fa, è nata a Perugia, ma da anni vive e lavora a Milano e “dentro” la città si è proprio tuffata.

Per presentarla come si deve, mi affido a quanto si trova sul sito del suo studio, “Studio Dodici”. Dopo la laurea, ha cominciato lavorando come stilista e interior design per importanti riviste di arredamento. Nel 2004 la decisione di fondare, insieme ad altri collaboratori, uno studio per migliorare il mondo del design a 360 gradi: case di lusso private, chalet di montagna, appartamenti storici a Milano, lofts, uffici di importanti aziende di moda, finanza e compagnie di  assicurazioni.

Oggi lavora a Milano, in Puglia e in Umbria, ma anche a Parigi,  a Ibiza e in Svizzera, passando dalle decorazioni di interni alle  ristrutturazioni architettoniche. Per le attività lavorative internazionali, collabora con studi di ingegneria in Svizzera e Umbria.

Tradizione, innovazione e comfort bio climatico, ricerca dei materiali naturali: questo  il leitmotiv dell’intera attività dello studio, che pone attenzione alle attuali questioni della salvaguardia del pianeta usando materiali eco sostenibili e riciclabili. I suoi lavori sono stati pubblicati nelle riviste nazionali e internazionali più importanti. Particolarmente attenta ai dettagli, a un serio aggiornamento e a una costante ricerca, i suoi progetti propongono uno stile unico, preciso, al passo con le mode.

  • Quali i suoi “maestri”?

I pittori rinascimentali. Da Giotto a Brunelleschi, perché sapevano fare un po’ di tutto: iniziavano come pittori e costruivano le cupole, erigevano campanili e studiavano le prospettive; erano fabbri, orafi, sapevano fare molti mestieri: ecco a me piace quel modello. Anche io sono architetto, ma ho lavorato moltissimo tempo come stylist di riviste e cataloghi. Sono allo stesso tempo designer, per questo mi piace essere definita un architetto designer.

 • Quale progetto le ha dato le maggiori soddisfazioni?

 Uno chalet nelle Alpi Svizzere, che ho realizzato un po’ di tempo fa, anche perché da     

quello sono arrivati molti lavori, non ultimo il recupero di un rustico vicino ad Andermatt,

 che sto terminando ora. C’è il recupero del legno vecchio, riutilizzato per un nuovo

 rivestimento, c’è l’uso del vetro, del riscaldamento a pellet….la lavorazione di materiali

 tradizionali, nobili e materici. Dalla cucina in vetro , utilizzata come un arredo sostenibile,

 ai sassi del fiume, al legno di recupero…         

  • In quale città e Nazione ha trovato le condizioni migliori per realizzare le sue opere?

In Svizzera, nel Ticino, mi sono trovata a mio agio, perché ci sono dei ritmi umani, ma, può sembrare un ossimoro, anche a Milano, la città che mi ha adottato: qui ho trovato un buon tessuto per realizzare le mie opere e le mie architetture.

  • Quali stimoli riceve da una città come Milano?

Milano la vivo ancora come se fosse quella di una volta, una città inclusiva dove c’era convivialità, si frequentavano gli stessi bar, studi e gallerie, case e lì nascevano i primi incontri professionali. E Milano è diventata nel tempo l’anti capitale, la città dell’editoria, in cui arte, design e moda erano interconnesse, la città europea attrattiva per gli stranieri. Ora è  la città universitaria per eccellenza, la città dei giovani, il place to be europeo, e questo mi stimola ogni giorno. Questo mix di editoria, design e architettura mi affascina. E solo a Milano si riesce ad avere questa interconnessione.

  • Cosa vorrebbe trovare che non c’è?

Vorrei che finissero di sistemare il Vigorelli, un luogo dove andare in bici a 30 all’ora; mi piacerebbe fare sport nel centro di Milano, grazie a percorsi integrati e collegati e vorrei un centro sportivo polivalente, un po’ come il progetto privato della Bocconi dello studio Sanaa.

  • Quale zona di Milano ama di più perché più vicina al suo “sentire”?

Dove vivo, tra Sant’Ambrogio e le colonne di san Lorenzo, la zona delle 5 Vie.

Colonne di San Lorenzo (lombardiabeniculturali.it)
  • Cosa vorrebbe conservare per sempre?

Le mie radici, il mio casale in Umbria, trasformato in agriturismo, pieno di barili artistici della collezione Barrel12 e arredi di design.

  • Cosa viceversa vorrebbe cancellare?

Il degrado delle architetture di periferia, che riqualificherei, e le villette a schiera dei geometri, perché̀ hanno deturpato un paesaggio naturale, non preservando la pietra e la storia.

La Barona, uno dei quartieri periferici di Milano milanoinmovimento.com
  • Quanto e come la pandemia prima e la guerra ora hanno influito sulla sua vita lavorativa?

Quasi sempre il mio lavoro di architetto è legato al comportamento, al modo in cui le persone vivono e interagiscono con gli oggetti e con lo spazio. La divisione degli spazi, dopo la pandemia, è diventa uno degli elementi di rinnovamento del progetto, e per il lavoro che faccio questo ha influito molto nella progettazione. Oggi noto che c’è una nuova consapevolezza, un nuovo modo di vivere gli spazi privati,  e di condividere gli spazi comuni, i bar, i caffè e i ristoranti. E’ venuta meno la progettazione a lungo periodo, ma è forte l’esigenza di rinnovarsi, di cambiare anche un solo colore, un ambiente o un divano…

  • Che piani ha per il futuro?

Ora come ora vorrei prima di tutto la fine della guerra e poi partirei per realizzare mille progetti: il primo, portare a termine una piscina in campagna, il secondo specializzarmi in chalet di montagna sostenibili e autosufficienti,  scatole che devono vivere di energia propria o sfruttando energie alternative ( fotovoltaico, pellet, solare,  geotermico…)

  • Complicato conciliare il lavoro con la vita privata?

Come in tutti i lavori, devi saper staccare ….i ritmi della mia professione sono alti, ma un bravo architetto sa gestire i tempi, sia col cliente che con la vita privata. Non è semplice, devo ancora imparare molto.

  • Che consigli darebbe a un giovane affascinato dal suo percorso?

Specializzarsi, trovare subito la sua strada, non perdere tempo. Avere un obiettivo finale e perseverare fino in fondo, lavorando tanto all’inizio. Coltivare interessi diversi, essere curiosi  e avere sempre “fame” di imparare, di conoscere nuove prospettive. Viaggiare, appena si potrà̀ ricominciare a farlo in sicurezza. Io amo moltissimo viaggiare, scoprire, conoscere…In mancanza di ciò, quest’anno ho acquistato opere d’arte che mi fanno  ricordare il viaggio…anche viaggiare con la mente è importante!

      

Come non dire un grande GRAZIE all’architetto Francesca Cutini per la disponibilità e ad maiora.!.