L’anno appena finito è stato ricco di anniversari importanti a livello nazionale e internazionale. Ce ne sono, però, stati altri, di portata locale, di cui vale comunque la pena parlare. Uno di questi riguarda Carisolo, località trentina a cui sono molto legato… Nella chiesa cimiteriale di Santo Stefano, è presente, infatti, una rappresentazione della danza macabra, dipinta da Simone II Baschenis proprio cinquecento anni fa. Durante l’estate 2019, in collaborazione con la Pro Loco, il gruppo di volontari “Per Santo Stefano” ha celebrato la ricorrenza con alcuni eventi. “Origine e significati delle danze macabre” ha visto protagonista lo studioso e giornalista Luciano Imperadori, di cui ho già parlato su queste colonne, e il gruppo Filò Val Rendena che ha dato vita ad una breve ma significativa rappresentazione.
Come integrazione ai precedenti articoli, vi presento una breve sintesi della relazione di Imperadori che, come sempre, è risultata ricca di informazioni. Per comodità di voi che leggete, ve le proporrò una di seguito all’altra, prive di qualsiasi mio intervento. Credo risulterà più facile non solo coglierle immediatamente, ma soprattutto memorizzarle.
– Il luogo dell’evento, cioè la Chiesa di Santo Stefano, è “uno scrigno di arte, storia e mistero.
– Anche a Pinzolo sulle pareti esterne della chiesa cimiteriale di San Vigilio troviamo una danza macabra dei Baschenis. Quella di Carisolo, però, è stata dipinta ben vent’anni prima, appunto nel 1519.
– A Carisolo sono visibili due scritte: una “Simon de Baschenis dipingeva” e l’altra che riporta la data.
-I Baschenis erano una famiglia di pittori girovaghi che venivano da Santa Brigida di Bergamo e che si diressero verso la Val Camonica, superarono il Passo del Tonale e arrivarono in Val di Sole e Val Rendena.
-I finanziamenti necessari alla realizzazione di questi affreschi, come di altre opere, sono da attribuire alla Confraternita dei Battuti che, presente nell’Alta Rendena fin dal 1300, raccoglieva beni tra i fedeli, destinandoli non solo alle opere pie, ma anche all’arte popolare. In particolare commissionava di affrescare le pareti esterne delle chiese con scene tratte dalle sacre scritture e dalla vita dei Santi, così il popolo analfabeta poteva conoscere, attraverso le immagini, i principi della fede.
– Le danze macabre della Val Rendena probabilmente presero spunto da quella di Clusone, in Lombardia, vicino al luogo natale dei Baschenis. “
– E perchè la danza macabra? “Nell’Alto Medioevo la morte, esperienza quotidiana che per pestilenze, carestie o guerre colpiva giovani e vecchi, poveri e ricchi, clero e popolo, era vista come un normale passaggio verso un’altra vita. (Ricordiamo che San Francesco nel suo Cantico la chiama sora nostra corporale, sorella di tutti, in quanto non faceva differenze tra i ceti sociali.)
– La prima danza macabra fu dipinta, tra il 1424 e il 1425, a Parigi sulla parete di fondo delle mura che circondavano il Cimitero dei Santi Innocenti. Da quel triste luogo tale rappresentazione si diffuse ovunque in Europa, in Svizzera ,Germania, Istria, Lettonia …fino alla Val Camonica.
– Tornando alla danza macabra di Carisolo, sono presenti sedici coppie, sopra le quali sta Cristo Risorto, l’unico che vince la morte. Si parte dall’autorità più importante, il Papa, cui seguono l’Imperatore, il Re, il frate. Quindi i laici: il duca, l’avaro, il guerriero, il giovane, la vedova e il mendicante … Infine, c’è chi offre denaro alla morte che, però, non lo accetta mai da nessuno.
– Sotto la danza macabra sono dipinti i sette peccati capitali: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia.
– Secondo lo storico e accademico francese Le Goff , studioso della storia e della sociologia del Medioevo e tra i più autorevoli nel campo della ricerca agiografica, le rappresentazioni della danza macabra traggono origine dal diffondersi nella seconda metà del XII secolo dell’idea del purgatorio e il parallelo imporsi delle indulgenze fino ad arrivare alla loro compravendita. Attraverso le elemosine il vivente era convinto di operare in favore di chi stava nel regno di mezzo dell’Oltretomba.
– Oggi, invece, come ci ha insegnato il sociologo e filosofo polacco Bauman , scomparso pochi anni fa, assistiamo alla negazione della morte che ci porta a smettere di pensare anche a tutti i valori di lungo termine. Un altro prezzo che paghiamo come società liquida ( sua espressione divenuta proverbiale con la quale ha paragonato il concetto di modernità e postmodernità rispettivamente allo stato solido e liquido della società) è l’aver appunto abolito il pensiero della morte, un controsenso perché questo riemerge ogni giorno prepotentemente”.
Lo studioso ha chiuso con un appello: “La chiesa di Santo Stefano andrebbe valorizzata ancora di più, perché ci sono tante cose da scoprire. Per esempio, la leggendaria spedizione di Carlo Magno, testimoniato da una pergamena certificata da un notaio e di cui ho parlato in un altro incontro. Mi auguro che tanta gente si appassioni perché ne vale veramente la pena”.
Da assiduo frequentatore del luogo, non posso far altro che sottoscrivere l’appello di Imperadori. Invito chi di voi si trova, o si troverà, in queste zone a visitare la Chiesa. Purtroppo in questa stagione è chiusa ma chi volesse può contattare la Pro Loco che si attiverà per una visita guidata. Comunque, gli affreschi sulle pareti esterne da soli valgono una camminata e la vista sulla valle che si gode dall’alto ripaga ampiamente del tempo che si è speso per raggiungere il luogo.
Resta, invece, aperta la Chiesa di San Vigilio a Pinzolo fino al 5 Gennaio dalle 10 alle 12.
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