ALLA SCOPERTA DEI FRIDAYS FOR FUTURE CON SARA SEGANTIN

Cosa c’è di meglio che parlare di ambiente con una delle fondatrici dei Fridays for Future Italia? Questo devono aver giustamente pensato gli ideatori del festival Mistero dei Monti che hanno invitato Sara Segantin, scrittrice e narratrice scientifica  a parlare di una problematica molto sentita il mattino di sabato 13 Agosto.

È passato oltre un mese da quella piacevole mattinata sulla terrazza Ober con un incantevole vista sul Laghetto e, al di là,  su Campiglio …  ma per riflettere sull’ambiente non è mai troppo tardi, soprattutto in questi giorni segnati dalla tragedia delle allluvioni che hanno colpito numerosi centri nelle Marche, ma anche dalla salita al trono di un personaggio, Re Carlo III,da sempre molto attento alle questioni climatiche.

il laghetto di Campiglio www.visittrentino.info

Riporto alcune parti della presentazione che Giacomo Bonazza ha fatto della protagonista: “Sara è una persona glocal: originaria di Cavalese, si è laureata in letterature straniere e turismo culturale a Trieste e adesso è a Roma. Sono contento di averla qui, perché discorsi che riguardano i ghiacciai, e non solo, meritano un approfondimento di tipo scientifico … Il nostro compito è suscitare domande e pensieri dentro questo contesto meraviglioso, le Dolomiti occidentali … Lei adopera la forma del romanzo per parlare anche di cose che hanno a che fare con le emergenze ambientali. E forse non è solo un pretesto, ma un intreccio perché, come disse Luigi Pirandello La vita o si vive o si scrive-. Nel caso di Sara, si può scrivere e vivere …”

Bonazza introduce Segantin, attivista dei Fridays For Future

Segantin si riallaccia alla chiusa di Bonazza: “A me piace parlare di temi e fare chiacchierate. Visto che siamo in questo contesto bellissimo, è bello vedersi in faccia e parlarsi: facciamo perciò in modo che sia un’occasione di confronto. Vorrei ribaltare la narrazione dei giornali che parlano sempre di crisi: gli equilibri si alterano, ma possiamo trovarne uno migliore. Quando parliamo di crisi climatica, parliamo di dover fare sacrifici, di disastri ed è vero, perché ci sono enormi problematiche, ma è anche vero che il futuro lo possiamo costruire sulle opportunità che abbiamo davanti. Decostruire i nostri concetti, paradigmi, schemi e cercare di immaginare qualcosa di diverso è la sfida più grande del giorno d’oggi.

Precisa perché punta molto sulla narrazione: “Finisce veramente per costruire il mondo. Costruiamo il mondo a seconda di come lo raccontiamo. Solo una volta che immaginiamo la realtà, possiamo agire affinché si realizzi e quindi stimolare questa immaginazione, senza trascurare tutti i dati della scienza che rimane essenziale. Serve, quindi, un’informazione che non regali verità assolute, ma che fornisca gli strumenti per fare le proprie scelte. Questa è la cittadinanza attiva: farsi le domande e stimolare curiosità ed è proprio ciò che ho provato a fare scrivendo il romanzo, perché nessuno avrà mai tutte le risposte ma, se la gente inizia a chiedersi più cose, ha tutti gli strumenti per informarsi e trovare le risposte nel suo contesto.”

E la scrittrice spiega meglio questo ultimo concetto: “La crisi climatica è un problema globale, ma ogni territorio ha i suoi problemi specifici e, quindi, le sue soluzioni, le sue peculiarità che gli vengono dall’economia, ma anche tanto dalla cultura. Giusto si ragioni in termini di grafici, di numeri astratti, ma l’astrazione, poi, la devi riportare alla realtà, altrimenti vai a fare le stesse leggi per Milano e per Cavalese…”

Segantin afferma a questo punto posizioni personali  molto chiare: “… chiediamo di pagare a chi non ha avuto in primis la responsabilità, trasmettendo la sensazione che tutto si possa comprare … I grandi temi hanno causato anche divisioni e ci si chiede perché, se crediamo in certi ideali con una volontà comune condivisa, ci si trova poi a discutere sui dettagli e si fa fronte disunito. Ci ho pensato molto e la mia opinione è che ancora una volta, se decidiamo di stare sul divano, siamo tutti capaci. Se vogliamo costruire qualcosa di nuovo, invece dobbiamo discutere: le idee saranno diverse e così i cambiamenti. Se vogliamo costruire un sistema mondo, perché è di questo che si parla, un sistema in cui la pace venga al primo posto, non una pace con le armi, ma che si costruisca con la cultura, la cooperazione, la condivisione  e non con i muri, dobbiamo discutere. È questo l’ appello che faccio, anche a me stessa, per rispettare punti di vista e sensibilità diverse, perché ognuno ha il suo modo di essere, pensare, giudicare …, secondo il contesto socio economico ed educativo in cui vive … l’essere umano prende le decisioni in base al contesto in cui si trova e in base all’emotività in cui inserisce le informazioni…

A conferma di ciò, ricorda che “Le più grandi decisioni della storia sono state prese con l’emotività… Le cose sono complesse, il mondo non è semplice e ci si accorge che la verità assoluta inizia a fare buchi, così, oltre ad arrabbiarsi, si inizia a non credere più a niente. Le verità, invece, si costruiscono e si mettono in discussione che è quello che fa la scienza … Dobbiamo iniziare a comprendere prima di giudicare.

Da parte mia, cerco di essere il più coerente possibile, vado quasi sempre in treno o bici ma in certi posti ci arrivo in macchina, quindi le contraddizioni le presento io per prima: siamo umani.“

Sara evidenzia un paradosso: “C’è stato periodo storico in cui c’era il mito del consumatore verde, come se il consumatore potesse cambiare tutto con le sue scelte quotidiane; questo, però, ha portato a deresponsabilizzare le grandi aziende. Da qui la critica di tanti che dicevano <a me, che non mi posso neanche permettere di arrivare a fine mese, viene chiesto di fare tutta una serie di scelte anche complesse, mentre tu che te lo puoi permettere inquini…> Di conseguenza si affermava che le piccole azioni non servivano a niente, un modo per protestare contro l’apatia dei colossi. Secondo me, ci vuole equilibrio, come in ogni cosa, per cui raggiungere il primo obiettivo è ciò che ti aiuta ad andar avanti ed è l’agire quotidiano che cambia il modo di stare al mondo e di pensarlo. Ciascuno nel suo ruolo sa cosa e come fare, allora sì che cambia il sistema mondo.”

Non può mancare un accenno alla campagna elettorale in corso: “Siamo in periodo di elezioni e tutti mi chiedono perché non mi metto in politica. Potrei rispondere che mi è piaciuto ciò che mi ha detto una giornalista al termine di un evento < I partiti sono più interessati ad aver i volti, che a mettere in pratica le idee.> Aggiungo: perché, se è una questione che riguarda tutti, deve essere solo un partito ad occuparsene? Facciamo della questione climatica una questione trasversale, su cui tutti i partiti debbano ragionare per trovare la soluzione migliore, e quindi iniziamo a distinguere tra il fare partitismo e il fare politica. A tal proposito, ci tengo a ricordarvi la lettera scritta da membri del CNR, e che ha già raccolto più di 130 mila firme, in cui chiedono alla politica di prendere provvedimenti, ma anche di avvalersi di un comitato scientifico super partes che dipenda solo da istituzioni scientifiche.”

I 75 simboli ammessi www.open.online

Bonazza riprende la parola: “Questa sensibilità, che tanti cittadini hanno dentro, non trova uno sbocco politico … Ci vuole un approccio che Papa Francesco ha definito ecologia integrale. E noi dobbiamo recuperare una memoria storica: nel 1985 a Firenze il politico Alex Langer disse che gli ecologisti non sono né di destra  né di sinistra. Parlava anche di convivenza tra i popoli e aveva promosso a Città di Castello la Fiera delle Utopie Concrete, piccole azioni che possiamo intraprendere, che c’è ancora, anche se nessuno ne parla … Sara è la testimone di questo ideale, per cui c’è ancora lo spirito di Langer.”

Sara ha parlato dei Fridays For Futures definendoli “Un’occasione di incontrarsi per gente isolata che si sentiva impotente. È diventata un’onda mediatica colossale e non mi interessa granché indagare su com’è nata, anche perché probabilmente non lo sa nessuno. Mi preme evidenziare che ha dato la possibilità di visibilità alle persone che così si sono potute incontrare e questo dà forza e unione. I media, che si divertono a idealizzare, cercavano eroi da idolatrare perché ci piace la figura mitica, il deus ex machina che risolve tutti i problemi  e, se non lo fa, lo distruggiamo. Greta è diventato un fenomeno che però, lo dico con tutto l’affetto che ho verso di lei, ha annebbiato le migliaia di voci.  I titoli dei giornali sull’evento di Torino (Meeting europeo svoltosi dal 25 al 29 luglio, nda), dove hanno partecipato anche russi e ucraini, infatti sono stati < Al meeting non c’è Greta>.

Riguardo al libro e, in particolare, al titolo: “Gente che non c’entrava nulla, ma che era più furba ha colto l’occasione per prendere il palco, mentre gente che davvero si impegnava per rispetto a loro si è tirata indietro. Insomma hanno avuto visibilità spesso persone cui non importava nulla o quasi delle tematiche ambientali! Quindi smettiamola di cercare eroi, perché non ci salveranno, come non servirà nemmeno demonizzarli.“

Rispondendo a Giacomo che le ha chiesto un parere su un articolo comparso sul Corriere del Trentino in cui si criticava la Thunberg, la relatrice fa affermazioni brillanti e non banali: “Non è la persona in sé, ma semmai è il comportamento che può essere sbagliato. Fatta questa premessa, ritengo che i discorsi di Greta all’inizio fossero di una certa pervasività culturale in quel momento, dato che di clima non se ne parlava, nemmeno in Università. Gli ultimi discorsi che ha fatto alla COP26, però, sono stati molto tranchant ed io e altri non li abbiamo trovati costruttivi,  perché il mondo è cambiato, veramente tanto, e c’è un governo che, pur con qualche criticità, sta parlando di crisi climatica e inizia a riconoscere complessità. Dire solo <non state facendo niente > è fuorviante e dalla protesta, che ci sta, deve arrivare una proposta concreta e radicata. La cultura che abbiamo noi viene da lotte di generazioni, siamo figli di certe battaglie e non tutti i giovani sono eroi, così come non tutti quelli delle generazioni precedenti sono colpevoli. Le idee devono inserirsi in esperienze. Invece che pensare a questo movimento come la panacea di tutti i mali, cerchiamo di  vederlo come una presa di responsabilità attiva, con tutti i problemi del caso e, se ci sono teste calde, dove non ci sono? Almeno si mettono in gioco che è, comunque, quel quid in più. La montagna insegna tantissimo: prima affrontiamo i problemi e poi diamoci le colpe. Quella che accuso  è la malafede che non ha giustificazioni: l’azione inizia dalla comprensione che permette di rispettare, avvicinarti e amare.”

Dopo alcuni apprezzamenti del pubblico, Roberta Bonazza chiude con una domanda: “Volevo capire da te, che sei militante: dove vedi il punto di trasformazione in questa realtà così radicalizzata?” E Sara risponde in questo modo allarmato: “Rischiamo di fare come in 1984, il romanzo di Orwell, dove alla fine non restano che paura, rabbia e odio. I muri non sono solo quelli solidi, i muri sono anche quelli sociali. Il giornalismo ha una responsabilità colossale, perché  la ricerca del capro espiatorio fa male. Questa situazione, quindi, si supera sicuramente facendo un’informazione migliore  e poi cerchiamo, appunto, di costruire legami e di guardarci intorno.”

In conclusione, Giacomo ha definito quello di Sara “appello costituzionale, perché ricordo che l’ambiente è stato inserito nell’articolo 9 della Costituzione un anno fa.”

L’evento, che spero abbia fornito anche a voi lettori numerosi spunti di riflessione, non poteva che concludersi con l’acquisto del libro di Sara grazie alla presenza del “mitico” (cit. Giacomo Bonazza) libraio Luciano Feltracco e con lei che ha firmato felice le copie.