Passata la gioia per la vittoria della Nazionale agli Europei, e anche per la finale di Berrettini a Wimbledon, eventi che per qualche giorno hanno occupato le prime pagine dei quotidiani, il dibattito sui social e hanno costituito i titoli di apertura nell’informazione televisiva, si è tornati a parlare soprattutto di vaccini e problemi economici. Le vacanze possono costituire un buon momento di riflessione su pareri, punti di vista autorevoli, perché, se è vero che abbiamo aspettato tutti che arrivasse il periodo dedicato allo svago, è anche vero che non possiamo, anzi non dobbiamo, fare gli struzzi. Credo che l’intervista che vi propongo al professor Alberto Mingardi, docente universitario di storia del pensiero politico che spesso interviene anche sulle colonne del Corriere della Sera, possa contribuire a renderci più consapevoli del periodo che stiamo vivendo.
A quattro mesi dall’insediamento, che giudizio si sente di dare dell’operato del governo Draghi, in particolare per quanto fatto a livello economico?
La ragion d’essere di questo governo è l’impiego delle risorse del PNRR (Piano Nazionale Resilienza Resistenza), che sono ingenti ma non infinite, come parrebbe a leggere i giornali: parliamo, per dare un ordine di grandezza, di qualcosa che vale per i prossimi cinque anni un ventesimo di spesa pubblica in più. La natura eccezionale di questo sostegno europeo si comprende meglio se consideriamo che ci vengono richieste delle “riforme”, cioè dei cambiamenti di carattere normativo, per accedere ai fondi. Si tratta in buona sostanza di un aiuto condizionato: l’Europa ci aiuta, se ci aiutiamo un po’ anche da soli. A prendere quattrini son buoni tutti, a fare le riforme no. Da Draghi ci si aspetterebbe, invece, di saper fare le riforme, anche se il suo governo non avrà vita lunga a sufficienza per seguire tutto il processo. Purtroppo in Italia abbiamo la tendenza ad affidarci agli uomini della provvidenza e aspettarci che facciano miracoli. Credo non sia realistico dimenticare la natura eterogenea della maggioranza che sostiene questo governo. Possiamo sperare che questo sia una specie di “governo di decantazione” che, sorretto dal credito di cui gode fra Bruxelles e Francoforte, aiuta la destra italiana, destinata a vincere le elezioni, a sviluppare un po’ di cultura di governo. Non aiuta, ma forse è inevitabile, la reazione del PD, che invece si sposta continuamente a sinistra, succube di un gruppuscolo di intellettuali che esibiscono un settarismo ideologico che ricorda gli anni Settanta, senza, però, nessuna delle “teste” che, piacessero o meno, abitavano allora la sinistra italiana.
In cosa ritiene si stia distinguendo dal governo che l’ha preceduto?
È un governo nel quale la personalità del premier domina su qualsiasi altro fattore. Draghi ha un’esperienza che non ha pari nel ceto politico-funzionariale del Paese e una serie di relazioni personali che nessun altro leader può vantare. Questo è un grande vantaggio per l’Italia, ma può paradossalmente diventare un problema: possiamo abituarci a godere di un occhio di favore da parte della Commissione e dei partner europei, a prescindere per così dire da quello che fa il governo. Ciò è pericoloso perché i problemi dell’Italia precedono la pandemia e non si risolvono coi quattrini dei tedeschi e degli olandesi, ma cambiando il modo in cui funziona lo Stato italiano.
Come valuta il PNNR?
Mi preoccupa: in Italia si pensa che sia la manna dal cielo. Ma la maggioranza dei nostri problemi non viene dal non avere risorse, ma dal fatto che troppe di queste risorse, e sempre di più, vengono impiegate non da individui e imprese, secondo criteri economici, ma dalla classe politica secondo criteri politici. A me che i problemi dell’Italia si risolvano con nuove linee ferroviarie ad alta velocità, spendendo per le piste ciclabili più di quanto abbiamo speso per i vaccini e con un programma di assunzioni pubbliche a batteria, senza aver ridefinito regole e perimetro del pubblico impiego, sembra una allucinazione collettiva.
È proprio di questi giorni la scelta di sospendere il cashback: che ne pensa?
Era una misura simbolo di una cultura politica per cui il consenso si fa distribuendo quattrini. È un bene averla sospesa, speriamo che quanto si risparmierà sia, per l’appunto, risparmiato, sia debito in meno, e non venga invece impiegato in altro modo, a vantaggio di altri gruppi di cittadini.
Che novità dovrebbe contenere la riforma del fisco?
La Commissione Finanze della Camera ha fatto una approfondita indagine “sulla riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”. Gli obiettivi individuati sono molto assennati: crescita, semplificazione e certezza dei tributi. Ma come si fa a fare una riforma fiscale con una maggioranza dove c’è chi vuole la flat tax e chi pensa che le tasse sui redditi più elevati e sulle attività produttive debbano salire? Spero che il cerchio venga quadrato con una operazione trasparenza sulle cosiddette tax expenditures (agevolazioni fiscali) da cui potrebbero venire risorse per abbassare le imposte. Se non si può fare la flat tax, almeno un taglio flat alle tasse: ridurre tutte le aliquote della medesima percentuale.
Secondo il suo punto di vista, Draghi dovrebbe condurre il governo fino alla fine della legislatura o potrebbe essere il giusto successore di Mattarella?
Dipenderà dagli equilibri politici del momento. A me sembra che i partiti, ormai convinti che Draghi possa ottenere qualsiasi cosa dalla Commissione europea, siano disposti, se non a tutto, a molto per tenerselo il più a lungo possibile. Ma in politica le cose possono cambiare in fretta, soprattutto quando le elezioni si avvicinano.
Se in un futuro governo le venisse chiesto di impegnarsi in prima persona, lei accetterebbe?
No. Ofelè fa el to mesté, come si dice a Milano (per i non milanesi, “ognuno faccia il suo mestiere”: un detto che dovrebbero stampare a caratteri cubitali in molti luoghi, in primis negli studi televisivi! n.d.a.)
Si sente di provare a fare una previsione sulle elezioni amministrative che riguarderanno importanti città?
Solo sulla mia. Credo che Milano abbia un Sindaco che fa tanti post su Instagram, ma poi ha la sostanza intellettuale e amministrativa di una ciliegina senza torta sotto. Il centrodestra in questi mesi ha fatto di tutto per garantirgli un secondo mandato, ma la città in realtà è contendibile.
Guardando oltre i confini nazionali, che bilancio fa di questi primi mesi di presidenza Biden?
Tiene fede a una delle sue promesse: è un Presidente di rassicurante grigiore. Ma purtroppo sta aumentando la spesa pubblica e il grado di intervento dello Stato americano nell’economia in proporzioni davvero senza precedenti. L’intento è chiaramente ideologico: l’economia Usa torna ai livelli pre-Covid non nel 2023, come noi, ma a metà 2021. Quindi non ha bisogno di essere “stimolata”. Biden è però ostaggio della sinistra e vuole uno Stato più pesante e presente. Scialbo quanto Obama era affascinante, sarà lui a essere ricordato come il vero rivoluzionario, molto più che il suo predecessore democratico. Anche perché un partito repubblicano ancora troppo trumpizzato non riesce a fare un’opposizione efficace nel merito.
Che sentimenti ha provato, e sta provando, in questo lungo periodo di pandemia?
Di grande scoramento. C’è un numero elevato di nostri connazionali che, non solo non avverte la privazione di libertà individuale, ma che è pure ben felice di proseguire con essa, ben al di là delle necessità imposte dalla pandemia. E un numero forse altrettanto elevato che ha entusiasticamente usato le restrizioni per dire al suo prossimo cosa fare: dalla caccia al runner, alle esortazioni a mettere la mascherina anche ora che è saltato l’obbligo di tenerla all’aperto. Purtroppo una società libera è destinata a soccombere, se le persone non hanno il gusto, il sentimento della libertà.
Nei mesi più duri, cosa le è mancato maggiormente?
Viaggiare e la libertà, che è sempre libertà di potersi muovere. Solo se siamo liberi di poter andare altrove, di lasciare una situazione che non ci piace più, possiamo sperare di vivere una vita che in qualche modo ci appaia degna di essere vissuta.
Che valutazione fa di come si sono mossi i due governi, il Conte due e quello attuale, nella lotta al Covid19?
Rispetto al secondo governo Conte, il governo Draghi sembra, che ne so, il grande Torino, i San Francisco 49ers di Joe Montana, la New Zealand di Russel Coutts. E tuttavia qualche pasticcio sulla pandemia l’ha fatto anche Draghi. Penso a quando ha biasimato pubblicamente il giovane psicologo che si era vaccinato (quando glielo imponeva una norma del governo!) e penso soprattutto agli errori su Astra Zeneca, quando un esecutivo pure così autorevole non è riuscito a non correre dietro all’emotività. È una situazione ovviamente difficilissima e non c’è governo al mondo che si sia mosso senza sbavature. Però, proprio in un contesto di questo tipo, le istituzioni dovrebbero tenere la barra dritta per non perdere credibilità.
Cosa pensa della campagna vaccinale, dei dubbi e delle polemiche che l’accompagnano?
Penso che una “società” sia un insieme di scambi: gli scambi volontari di beni, servizi e informazioni fra persone. L’uomo è un animale che scambia ma, quando è diffidente dell’altro, non scambia più e la società si atrofizza. Per questo abbiamo istituzioni che preservano quelle condizioni basilari dell’ordine pubblico senza le quali ogni scambio diventerebbe una avventura. Con la pandemia, e soprattutto con la comunicazione ansiogena che l’ha accompagnata, ognuno è diventato un potenziale “untore” agli occhi degli altri. La vaccinazione ci serve per evitare gli esiti sanitari peggiori, una promessa che i vaccini stanno mantenendo. Ma anche per tornare a guardarsi con serenità gli uni con gli altri: come potenziali alleati e controparti per realizzare obiettivi comuni, non come veicolo di infezione.
Grazie al Professor Mingardi per la disponibilità e per la concretezza chiaradel suo pensiero.
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