Ricordo molto bene i miei primi anni a Milano, le soste tra una lezione e l’altra con qualche amico, l’attesa del treno in stazione, un giro in centro…Tutto con un doppio minimo comun denominatore: rapida sosta in un bar e caffè veloce, come veloce è tutto a Milano. Però, via via, scoprii che il caffè lo puoi chiedere in cento varianti e che esistono altre bevande in tazza che possono farti, e fare, compagnia… Ed è così che, grazie all’avvocato Antonio Salvatore La Rosa, sono diventato un fan del marocchino: tazza di solito in vetro per un ben preciso, e chiaro, motivo, una base di caffè espresso, una riga di cacao fondente e, per completare la scenografia dell’insieme, del latte montato. Questa, mi sono informato, la ricetta classica, ma certamente non la sola! Infatti, c’è chi usa la crema di cioccolato, chi lo sciroppo; chi non aggiunge nulla e chi vuole un po’ di cannella. Il vero marocchino resta, però, quello della ricetta classica. E ora vi spiego perché.
Su La Stampa del 13 gennaio 2019, è stata pubblicata, a firma di Valentina Frezzato, la storia della bevanda per celebrarne i primi novant’anni di vita. E da lì è nata la mia curiosità di approfondire l’argomento. Il punto di partenza è uno storico bar nel centro di Alessandria che, sullo specchio posto sopra la macchina del caffè, ha una scritta: “1929, in questo storico locale nasce il caffè Marocchino”. Dalibor Andric, l’attuale proprietario dell’ Escobar, così si chiama il locale, ricorda come “…anche nelle scuole insegnano che la bevanda è nata qui, su questo bancone.” Qualche anziano interpellato, però, contesta questa versione, sostenendo che l’inventore sarebbe stato invece il barista di un locale che oggi non c’è più, il Carpano, che era di fronte alla fabbrica Borsalino, in Corso Cento Cannoni, a un centinaio di metri dal bar di Dalibor.
Quella del locale che ha dato i natali alla mia bevanda preferita pare dunque una questione aperta, ma qualunque sia la verità storica, il dato di fatto inconfutabile è che il marocchino è una bevanda alessandrina e, ora viene il bello, legata ai famosi cappelli che qui si producono. Vediamo di chiarire bene il perché. La calda e gustosa bevanda fu così chiamata proprio da un operaio della storica Borsalino, perché quella riga di cacao presente nella preparazione più classica assomiglia alla striscia di cuoio apposta all’interno dei cappelli, appunto detta “marocchino” per il suo colore. “U smea in maruchën” (sembra un marocchino): queste le parole pronunciate, secondo la fonte di tale versione e cioè il barista del Carpano, come è naturale che sia! “La storia, ormai leggenda, viene tramandata dai racconti di piazzetta da almeno tre generazioni” ( articolo citato).
E l’Escobar allora? L’originale preparazione del Carpano in seguito, visto il successo, fu copiata da altri locali della città e all’Escobar, che esiste da oltre cent’anni, va il vanto di essere l’unico che, da quel lontano 1929, ha continuato a servire il marocchino. E non solo: Dalibor sembra intenzionato a festeggiare l’importante traguardo di un secolo di successi in ogni parte d’Italia, la “mia” Milano compresa.
Così, tranquillizzato sul fatto che non costituisca una seccatura per il barista di turno preparare la gustosa bevanda ( come mi era stato detto da più parti, ma me l’hanno smentito sia al Camparino in Galleria a Milano, sia Federica, mitica presenza al Suisse di Madonna di Campiglio, che spesso me lo serve con un gran sorriso), proprio sulla piazzetta della “mia” Campiglio, mi gusto anche oggi fino all’ultima goccia un ottimo marocchino! Se, come sempre, mi lascerà un po’ di cioccolato sulla punta del naso, poco male: l’importante è che mi ricordi di togliere la traccia o che l’occhio vigile di “qualcuno” me lo faccia immediatamente notare. Ma se anche così non fosse, sapeste come ne vale la pena!
A questo punto, vi auguro un buon ferragosto da trascorrere con un po’ di leggerezza: ne abbiamo tutti un gran bisogno.
Per le riflessioni, vi do appuntamento nei prossimi giorni: saranno pensieri profondi che vi consiglio di accompagnare con un buon…marocchino, gioia per gli occhi e per il palato!
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