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Coronavirus: in mezzo al dramma, voci di speranza (terza parte)

Terza “puntata” della raccolta di testimonianze sul coronavirus. Inaugurata circa un mese fa, è proseguita a inizio aprile destando un buon interesse. Perciò, continuo a proporvi voci sempre diverse, sia dal punto di vista della posizione geografica, che da quello del ruolo svolto, tutte ugualmente importanti per le riflessioni che possono suggerire.

Elena Gambirasio, avvocato di Bergamo (Intervistata l’11 Aprile.)

Come sta vivendo questo periodo, anche considerato il lavoro che svolge?
Fortunatamente la professione di “avvocato” ci consente, al di fuori dell’attività giudiziale, di continuare ad essere un punto di riferimento per i nostri clienti anche in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo. In qualità di Presidente dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati della Sezione di Bergamo, i miei obiettivi primari sono stati mantenere coeso il gruppo di colleghi, fornendo aggiornamenti in tempo reale circa le novità legislative ed i vari provvedimenti adottati dal Tribunale e dall’Ordine degli Avvocati del nostro Foro. Inoltre, sto organizzando attività di formazione gratuita per essere pronti alla ripresa Insomma, posso dire che la paura non mi ha paralizzata, non è stata un freno, ma se mai una leva che ho attivato per cercare di organizzare il mio lavoro in modo diverso, nel rispetto di tutte le precauzioni imposte. Non mi sono certo seduta e ho cercato di sfruttare al meglio il momento, nutrendo la massima fiducia di poter presto ripartire..

Cosa pensa delle misure adottate dal governo nei vari settori? E come valuta l’atteggiamento di Regione Lombardia?
Data la peculiare situazione e la fase emergenziale in cui ancora ci troviamo, ritengo sia ancora presto per esprimere un giudizio completo sull’operato delle Istituzioni, poiché saranno fondamentali le decisioni relative alla “fase 2” inerente la riapertura del Paese, con particolare riferimento, per quanto mi riguarda, alla ripresa dell’attività nella aule di Tribunale.

A suo avviso cosa si poteva fare che non è stato fatto o che è stato fatto in ritardo?
Evitando di parlare di “errori” o “ritardi” del passato, ciò che è importante ora è che “senza ritardo” le Istituzioni, nel loro complesso, si dimostrino capaci di trovare la soluzione adeguata per ripristinare, per quanto possibile, una situazione di “normalità”

Crede che questa triste esperienza ci insegnerà qualcosa? Cosa si porterà dentro?
Una cosa che stiamo scoprendo in questo momento è l’importanza del telelavoro, anche con le nuove tecnologie, sperando che quanto di buono sperimentato ora possa diventare l’ordinario in futuro. Questo consentirebbe, infatti, di snellire gli aspetti burocratici, di ridurre i tempi e poter organizzare il lavoro in maniera più flessibile e dinamica permettendo di conciliare la vita privata con quella professionale.

Ha già pensato alla prima cosa che farà dopo …(non appena l’emergenza finirà) ?
Farò una passeggiata, magari con gli affetti e gli amici più cari, tra le vie di Bergamo Alta,che tanto mi manca.

Francesco Musina, volontario della Protezione Civile di Nuoro(Sentito il 15 Aprile)

Come sta vivendo questo periodo, anche considerato il lavoro che svolge?
È un periodo delicato che sto vivendo intensamente in virtù della mia attività. Quotidianamente vedo molte situazioni strazianti, soprattutto anziani che hanno necessità di assistenza, in quanto molto spesso sono lasciati soli. Noi come associazione di volontariato, ci occupiamo di portare generi alimentari e medicinali alle persone in difficoltà, soprattutto anziani, impossibilitate a muoversi da casa. Mai avrei creduto di vivere esperienze di questo genere.!. L’impegno è costante, ma si ha sempre la sensazione di non fare abbastanza.

Cosa pensa delle misure adottate dal Governo nei vari settori?
Leggo sui social network assurdità incredibili. Io credo che il nostro Governo, e l’intera classe politica in generale, abbia commesso degli errori, ma sinceramente non me la sento di accusare o condannare nessuno. Molti si improvvisano virologi, medici, esperti di gestione delle emergenze, ecc.. e ognuno ha la sua particolare “ricetta” per uscire dall’emergenza. Così come accade nel calcio, dove a quanto pare abbiamo 60 milioni di allenatori, allo stesso modo improvvisamente noi italiani siamo tutti diventati esperti di coronavirus: è il tipico malcostume italiano. Posso dire che la politica in Italia ha delle colpe, ma non mi pare che in Stati come la Francia, la Spagna e il Regno Unito, per fare qualche esempio, abbiano gestito l’emergenza sanitaria meglio di come abbiamo fatto noi.
Proprio in un momento come questo, dovremmo essere uniti e remare tutti nella stessa direzione, anziché creare opposte fazioni, quasi si trattasse di una partita di calcio. I conti, eventualmente, si faranno alla fine.
Per ora, in conclusione, sospendo il mio giudizio sull’operato della politica in riferimento alla gestione del coronavirus.

A suo avviso cosa si poteva fare che non è stato fatto o che è stato fatto in ritardo?
Sarebbe stato opportuno, forse, data la situazione estremamente grave in Cina, limitare o addirittura chiudere i collegamenti “da” e “per” lo Stato asiatico.
Ribadisco tuttavia, nessuno poteva essere veramente preparato ad una situazione d’emergenza simile. Forse è troppo facile esprimere un giudizio col senno di poi.

Crede che questa triste esperienza ci insegnerà qualcosa? Cosa si porterà dentro?
Reputo che questa emergenza sanitaria, e tutto ciò che ha comportato, ci dovrebbe insegnare che viviamo in un mondo fatto di troppe corse, di poco tempo per il prossimo e di cose infinitamente futili. Un mondo che ha dato, purtroppo, poca importanza ai rapporti interpersonali e alla cura di noi stessi come persone. La clausura forzata ci sta insegnando che ci sono altre priorità nella vita oltre al correre, al lavorare e fatturare… Temo però che, una volta terminata l’emergenza, tutto tornerà purtroppo come prima e le cose futili torneranno paradossalmente ad essere importanti.
Per quanto mi riguarda, mi porterò dentro le scene di smarrimento e disperazione di tante persone che sono state abbandonate a loro stesse: una società più solidale non avrebbe dovuto permettere ciò.

Ha già pensato alla prima cosa che farà dopo …(non appena l’emergenza finirà)?
Sinceramente non sono mai stato un amante dei luoghi affollati e nemmeno dei ristoranti in generale. Tuttavia, paradossalmente, ora mi mancano gli incontri con le persone e il vedere luoghi affollati. Appena l’emergenza coronavirus sarà terminata, credo che la prima cosa che farò sarà andare in un buon ristorante a godermi dei buoni piatti in compagnia degli altri avventori che troverò nel locale.

Paola Carrai medico di base attualmente in servizio a Sesto Cremonese e, in supplenza, in altri paesi della provincia di Cremona. (Interpellata il 16 Aprile.)

Come sta vivendo questo periodo, anche considerato il lavoro che svolge?
Sto vivendo questo periodo in maniera frenetica, perché, oltre ai miei abituali pazienti, ne ho almeno il doppio da seguire a causa delle assenze per malattia o quarantena di molti medici di base. Il tutto con il carico di preoccupazioni derivante dalla grave emergenza e dai numerosi malati di coronavirus che devo seguire a domicilio.

Cosa pensa delle misure adottate dal governo nei vari settori? E come valuta l’atteggiamento di Regione Lombardia?
Col senno di poi, le misure adottate si sono rivelate incomplete e a volte tardive ( la non cancellazione dei voli “da” e “per” la Cina, la sottovalutazione iniziale del problema, la gestione dell’emergenza nelle case di riposo). Certo, la situazione del tutto nuova può avere favorito questi errori.

Condivide la lettera scritta dalla federazione medici di base alle Istituzioni? A suo avviso cosa si poteva fare che non è stato fatto o che è stato fatto in ritardo?
Condivido quanto scritto dai medici lombardi là dove affermano che l’emergenza è stata vista più in chiave di medicina intensiva che non come emergenza di sanità pubblica. Una previsione più accorta avrebbe forse spinto a fornirsi, almeno un mese prima, di grandi quantità di tamponi per una valutazione a tappeto della popolazione nelle zone rosse… Ma, ripeto, a posteriori tutto è più chiaro ed evidente.

Cosa le chiedono più frequentemente i suoi pazienti in questo periodo?
I miei pazienti avevano, e hanno, soprattutto bisogno di una guida per riconoscere sintomi preoccupanti e sapere come comportarsi, sia nella vita quotidiana, sia nella necessità di cure più impegnative. Inoltre, soprattutto nei primi tempi, serviva loro una presenza tranquillizzante contro il panico che la lettura dei quotidiani o l’accensione del televisore comunicava. Attualmente serve ancora di più, rispetto al passato, la figura di un medico capace, attento e disponibile, considerato il numero di pazienti da curare a casa.

Si sente eroe o trova un eccesso di retorica in chi vi definisce così?
Non mi sento eroe, anzi questa definizione mi irrita. Se uno ha l’etichetta di eroe, viene quasi logico pensare che non si preoccupi di dotarsi di mascherine adatte e DPI (dispositivi di protezione individuale) sufficienti, perché tanto è un eroe. Voglio invece essere considerata una persona che fa tutto il suo dovere con responsabilità. Con la stessa responsabilità vuole tornare a casa senza rischiare di contagiare i familiari e senza mettere in pericolo inutilmente la propria vita.

Ha già pensato alla prima cosa che farà dopo …(non appena l’emergenza finirà)?
Vorrei tornare a lavorare con orari più umani, avere la possibilità di scambiare anche due parole con i miei assistiti e ritrovare un più tranquillo rapporto tra medico e paziente. E poi, da ultimo, ma con infinito piacere, vorrei riuscire a prendermi tre o quattro giorni di vacanza

Dario Ricci, farmacista di Roma (Interpellato il 16 Aprile.)

Come sta vivendo questo periodo, anche considerato il lavoro che svolge?
In primis con senso di responsabilità nei confronti dei pazienti che incontro ogni giorno. Molti di loro, comprensibilmente preoccupati, chiedono consigli su come affrontare e prevenire al meglio il coronavirus. In seconda battuta, riconosco tuttavia di aver avuto un po’ di paura, perché il nostro è un lavoro che ti può porre dinanzi a dei rischi: non a caso sono morti diversi colleghi a causa del Covid19. Il costante contatto col pubblico ha giocato un ruolo determinante.

Cosa pensa delle misure adottate dal Governo nei vari settori?
Probabilmente, fattore comune con altri Paesi europei, si è intervenuti in ritardo. Ciò ovviamente ha agevolato la diffusione del contagio, coi danni tutti sappiamo. Ora mi auguro che, in seguito a questa lunga quarantena, vengano introdotte misure in grado di riportarci alla normalità salvaguardando la salute pubblica, che resta ovviamente la priorità.

A suo avviso cosa si poteva fare che non è stato fatto o che è stato fatto in ritardo?
Credo che su alcune cose il Governo avrebbe potuto fare meglio, sia all’inizio dell’emergenza che dopo. Penso, ad esempio, ad una maggiore chiarezza nella comunicazione e soprattutto all’elaborazione di una fase 2 adeguata. In quest’ultimo caso, mi pare che siamo in ritardo rispetto al resto dell’Europa.

Crede che questa triste esperienza ci insegnerà qualcosa? Cosa si porterà dentro?
Non so dire sinceramente se ci stia insegnando qualcosa o meno. Spero sia un’occasione per riflettere su ciò che non è andato bene (penso alla Lombardia), così da cogliere la possibilità per rendere ancora più efficiente il nostro SSN (Sistema Sanitario Nazionale). Inoltre, mi auguro che, d’ora in avanti, nessuno metta più in dubbio l’importanza dei vaccini, a partire da quello contro l’influenza. Se particolarmente forte, anche questa può provocare, ed è successo qualche anno fa in Lombardia, sovraffollamento negli ospedali e molti accessi alle terapie intensive: Capua docet. Dovremmo aver preso consapevolezza dei grandi benefici che i vaccini hanno portato all’umanità e quali, e quanti, problemi nascano quando non c’è a disposizione quello che serve.

Ha già pensato alla prima cosa che farà dopo …(non appena l’emergenza finirà) ?
Sicuramente tornerò a giocare a tennis, la mia grande passione, e farò qualche passeggiata al mare col cane.

Ormai lo sapete: non commento, non abuso della vostra attenzione lasciandola per intero a Elena, Francesco, Paola e Dario che hanno accettato di raccontarci la loro esperienza, dedicandoci un po’ del tempo. Il mio grazie è, come sempre, sincero e grande.