Estate a Madonna di Campiglio non significa solo escursioni o passeggiate in centro con soste nelle boutique di moda, nelle botteghe artigiane o antiquarie, ma anche occasioni per riflettere e tener allenata la mente…lo sa bene chi mi segue! Anzi, forse qualcuno dei “miei venticinque lettori”( Manzoni mi perdoni…) si sarà chiesto nei giorni scorsi che fine avessi fatto… O forse avrà pensato che il festival culturale “Mistero dei Monti”, che da ormai diciassette anni l’A.P.T organizza, con Giacomo e Roberta Bonazza in prima fila, quest’anno fosse stato sospeso. Tranquilli, io sono qui e l’edizione 2019 si è regolarmente svolta dal 3 al 13 Agosto, sotto il titolo “Da quassù l’Infinito”, con chiaro riferimento alla poesia che Leopardi scrisse duecento anni fa. Ho partecipato con interesse ad alcuni degli appuntamenti in calendario, compatibilmente con la mia presenza in Val Rendena. Ora intendo riportare ciò che più mi ha colpito degli incontri.
Protagonista del pomeriggio di apertura, “Da un ermo colle. Leopardi oltre la siepe”, è stato lo scrittore Eraldo Affinati che ha preso spunto dall’idillio leopardiano per parlare delle tematiche a lui più care: giovani, educazione, immigrazione e identità. Dopo aver offerto al pubblico presente la sua analisi del testo della poesia, accompagnata dall’affermazione convinta che letteratura e arte sono strumenti di emancipazione, partecipazione alla dignità del mondo, alla sua infinita bellezza, il discorso è andato a ciò di cui Affinati va particolarmente fiero “Sono insegnante e scrittore, ho insegnato italiano e storia negli istituti romani … La scuola è stata molto importante per me, perché l’insegnante è lo specialista della avventura umana … deve formare la coscienza dei futuri cittadini, accendere in loro il fuoco del sapere, far brillare i loro occhi … perché quello che succede in aula possiede effetti indelebili.” E proprio grazie a questi anni passati in classe, Affinati ha maturato, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, l’idea di una scuola per immigrati: “… abbiamo fondato nel 2008 una scuola, la Penny Wirton, uno straordinario laboratorio didattico dal basso che si basa sul rapporto uno a uno … un’esperienza che ci sta prendendo molto… E oggi, ci sono oltre quaranta scuole in tutta Italia, abbiamo sedi ovunque e l’auspicio è che possano diventare intensificazione della vita … Bisogna sempre legare il pensiero all’azione, in senso mazziniano.” Ha quindi aggiunto: “ In ogni scuola sono presenti circa sessanta, settanta immigrati e altrettanti professori. Accanto ad adulti, talvolta ex docenti, ci sono spesso ragazzi dei licei italiani. Dopo un tirocinio formativo, si impegnano ad insegnare l’italiano agli immigrati. La base su cui fondiamo la nostra azione educativa è la relazione diretta, che è anche il nostro futuro, volenti o nolenti. L’eterogeneità e la promiscuità sono i valori che ci guidano. L’esperienza di professore mi ha insegnato che le classi più belle sono quelle miste, con immigrati e non, bravi e non, ragazzi con problemi e non … Sono convinto, infatti, che anche i forti abbiano bisogno dei deboli per crescere e misurarsi con la realtà.”
Affinati si è detto poi convinto che quella delle Penny Wirton sia “un’esperienza di un’Italia bella, opposta a quella che vediamo spesso in televisione, perchè è composta da persone diverse fra di loro e che si impegnano per ragioni diverse, a volte anche inconciliabili. Non è facile, ma come insegnanti siamo abituati a ricomporre i cocci.” Ha sottolineato, quindi, un aspetto importante e non scontato: “ siamo apolitici, aconfessionali e aperti”. Ha, infine, chiuso il suo coinvolgente intervento con due concetti molto forti: “Dobbiamo trasformare le informazioni in conoscenza e lo si può fare solo con esperienza vera di vita.” E “Oggi la scuola ha una responsabilità anche superiore a quella di un tempo, perché sono da ristabilire le gerarchie di valori.”
Un altro evento che porta a riflettere è “Infinite storie dal teatro della vita” quello di cui il 10 agosto è stato protagonista il romanziere, saggista e autore teatrale Stefano Massini, celebre anche per i suoi interventi nel programma “Piazza Pulita” su La7, e per i suoi articoli sul quotidiano “La Repubblica”.
Lo scrittore ha affermato: “Più sai le parole, più ti salvi. Se si riesce a raccontare i propri stati d’animo, ci si salva. Non esiste gioco più bello che dare un nome alle cose. Gabriel Garcia Marquez scrive una frase vera, indiscutibile: – Le parole non nascono nelle accademie, nei convegni, nascono per strada , fra la gente, tra chi ha bisogno di usarle. –”
Lo storyteller ha fatto in seguito un’amara constatazione: “Per un errore mastodontico abbiamo un grosso problema: le lettere, la cultura, la filosofia… vengono oggi vissute come qualcosa di accademico, mentre invece sono qualcosa di umano.” Con l’aiuto di qualche esempio letterario ha poi argomentato: “Se hai letto qualche libro in più ,vivi meglio perché ogni testo diventa un manuale di vita. La letteratura va concepita proprio come una cosa utile, non solo bella o importante intellettualmente.” E ancora “La bellezza delle storie è che sta a mezza strada: voi avrete sempre quello che volete voi, ispirato però da quello che vi dico io. Le storie stanno sempre nella testa di chi ascolta, non di chi le dice.”
Massini ha terminato il suo monologo, proponendo una riflessione un po’ contro corrente di questi tempi. “Ci sono oggi quelle volte in cui, sempre più di frequente, hai la sensazione di esser in attesa che il resto del mondo si ricordi che ci sei. La verità è che un mondo come il nostro è un mondo in cui sembra che non si faccia niente se non lo si condivide… Invece, bisognerebbe imparare a fare solo per se stessi, e non in funzione del pollice alto o verso dei social.”
Credo che, visto lo spessore dei due appuntamenti, sia bene che questa volta mi fermi qui. Le mie sintesi vi arrivano quest’anno a vacanze finite per i più, ma è giusto così! Le riflessioni possono costituire uno dei buoni propositi che, con la ripresa dei nostri impegni e l’arrivo dell’autunno, molti di noi fanno a se stessi. Un po’ come fossimo tornati studenti all’inizio di un nuovo anno scolastico perché, che il sapere è vita, è bene che ce lo ricordiamo tutti.
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