Si sta avvicinando la fine dell’anno e inizia il tempo dei bilanci, dei top e dei flop. In ambito sportivo, possiamo già dire che uno degli exploit più belli è stato l’argento, che vale quasi come un oro, della Nazionale femminile di volley nel mondiale. Un cammino fantastico quello delle ragazze guidate dal commissario Mazzanti, che hanno battuto diverse squadre di valore. Per ben due volte la Cina, e la seconda nella semifinale emozionantissima. A conferma del signifcato enorme e che va aldilà dello sport, c’è il fatto che il Presidente della Repubblica abbia voluto, prima della fase finale del torneo, mandare un augurio alle giocatrici e poi riceverle al Quirinale. Per fare un’analisi qualificata, e non solo dell’Ital volley femminile, ho scelto di dare la parola al telecronista, Maurizio Colantoni.
Qual è l’elemento fondamentale che ha consentito alle ragazze terribili, come le ha chiamate Lei, di arrivare fino a un passo dall’oro, ben oltre le aspettative?
La determinazione, la consapevolezza del gruppo, viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda, senza invidie, una per tutte. Importante anche il fatto che loro abbiano capito che poteva essere un’occasione unica, anche se sono ancora ragazze giovanissime. Essere scelte tra le 14 di un mondiale, rappresentare il proprio Paese, essere viste da tante persone, indossare la maglia della Nazionale, è stata la chiave del successo delle ragazze di Davide Mazzanti, le ragazze terribili come le ho soprannominate.
Quando ha capito che potevano fare davvero molta strada?
Dopo la vittoria al trofeo di Montreaux, perché è scattato nel gruppo quello che mancava, il rendersi conto delle proprie potenzialità. E il recepire il messaggio del commissario tecnico: “voi siete l’Italia… fate in campo quello che sentite” Una bella cosa, no? E cosi il sentirsi libere di giocare, agire, senza pressioni, mostrando in campo ogni propria potenzialità, ha portato al bel gioco, divertente, creativo, efficace e soprattutto vincente.
Cos’è mancato alla nazionale femminile per completare un cammino che rimane comunque ottimo?
Solo l’esperienza. Il titolo mondiale era nelle mani delle azzurre nel quarto set della finale con la Serbia. Sono mancati gli sguardi, certi sorrisi e così la paura ha preso il sopravvento. Anche l’ostinarsi nel fare certe giocate, puntando solo sulla migliore del torneo Paola Egonu, pensando che quella fosse l’unica certezza per andare fino in fondo. Poi alcune sfumature hanno fatto la differenza e la “cattiveria” agonistica, oltre alla pressione che la Serbia ha messo in campo, quando ha capito che avrebbe potuto perdere il titolo. Anche se l’Italia, nonostante tutto questo, ha lottato fino all’ultimo punto del tie break.
Chi è la giocatrice simbolo del gruppo? Tanti dicono Paola Egonu: concorda?
Paola Egonu ha fatto e farà la differenza perché è una fuoriclasse ed è un’atleta che non è ancora al massimo delle proprie potenzialità. Sta lavorando per crescere ancora e nel giro di un paio di anni sarà tra le più forti del mondo. Debbo dire comunque che è stata l’Italia dell’unione, dell’anima bella, del sorriso, del gruppo, dell’affiatamento. L’Italia nella quale è vero, Paola Egonu ha giocato sopra le righe, ma tutte le 14 convocate da Mazzanti hanno portato il loro importante contributo, anche le più giovani del club Italia…
C’è una atleta dalla quale, invece, si aspettava qualcosina in più?
No, assolutamente. Sono state tutte protagoniste.
Qual è stata la partita più bella?
Due in particolare. Quella con il Giappone, con emozioni fino alla fine senza fiato e senz’altro quella con la Cina, la seconda sfida, quella in semifinale. Mi ha tolto la voce, ha emozionato tutta l’Italia, è stata una grande vittoria. Un’impresa tutto cuore e qualità.
Parliamo anche della maschile: in cosa si deve migliorare per tornare finalmente a primeggiare?
Non vi è dubbio: ci sono squadre più forti dell’Italia, non solo tecnicamente ma anche come mentalità. Parlo ovviamente dei campioni del mondo della Polonia, del Brasile, la stessa Serbia… E poi non ce lo possiamo nascondere, al momento mancano dei ruoli. Siamo coperti sui centrali, sul palleggiatore, sul libero, ma riguardo al posto 4 (schiacciatore–ricevitore) facciamo molto fatica, ora ancora di più con l’addio di Osmany Juanotorena (che comunque proveranno a far rientrare). Una soluzione ci sarebbe: riportare Zaytsev in quel ruolo, ovvero di posto 4 e far giocare da opposto un giovane come Gabriele Nelli (o Argenta, se parliamo di giovani), con l’opportunità del rientro anche di Luca Vettori. E il ct Gianlorenzo Blengini sta lavorando in previsione degli appuntamenti del 2019 (Volley Nations League, qualificazioni olimpiche, Europei e Coppa del Mondo).
Chi è stato il migliore?
Un trascinatore, tornato nel suo ruolo di opposto, è stata il capitano Ivan Zaytsev, concreto, determinante, coinvolgente in campo e con il pubblico… Un vero leader.
Quale il giocatore che, invece, ha maggiormente deluso ?
Non c’è un giocatore che ha deluso maggiormente, è sempre stata una questione di gruppo. Certo, la delusione maggiore è stata nella sfida con la Serbia. Sguardi bassi, nessun sorriso di un’Italia che nemmeno c’ha provato… E lì è terminato un mondiale azzurro che era stato bello fino a a quel momento. Un vero peccato per un’Italia che fin li aveva fatto divertire.
C’è una partita o un momento che merita, comunque, di esser ricordato?
Tutto il mondiale, fino a Torino e alla sfida con la Serbia. Lì, ripeto, è stata un’Italia trasformata. Fino a quel momento, bel gioco, sorrisi, grinta e gruppo. Poi gli sguardi bassi, senza reazione. E’ pur vero che sul cammino degli Azzurri non si sono mai incrociate nazionali di primissimo piano. Con senno del poi, forse incontrare prima squadre più competitive avrebbe fatto alzare ritmo e livello di gioco. Dico solo forse però. Ora è troppo facile dare giudizi.
Parlando ora dei due campionati, chi vede come squadre favorite?
Campionati apertissimi, perchè ogni squadra si è rafforzata. Abbiamo i migliori giocatori del mondo sia in campo maschile che femminile. In Superlega, Perugia, Civitanova, Modena e Trento, lo scudetto si giocherà tra queste 4. Con i fuorclasse in campo da Leon a Juatorena, a Simon a Bruno, fino agli italiani Zaytsev, Anzani, Giannelli. Nel volley rosa Conegliano e Novara sopra a tutte le altre, con Scandicci e Busto le sorprese. Ripeto una cosa che dico a tutti: se vogliano far crescere le nostre nazionali, lasciamo spazio ai giovani. Nel maschile si fa fatica, nel femminile almeno in serie A c’è il Club Italia.
In chiusura, due domande sulla sua sfera lavorativa: ha sempre lavorato come telecronista?
No, volevo fare il giornalista ed ho cominciato lavorando nei giornali, sulla carta stampata. Seppur sia oggi un periodo di crisi profonda nei quotidiani, credo che sia la miglior esperienza per intraprendere la carriera giornalistica. Da Paese Sera a l’Unità, la mia scuola, con tanti maestri, fior di colleghi, quelli che se il pezzo non andava te lo facevano riscrivere (giustamente) mille volte. Dalla cronaca allo sport dove per lunghi anni ho seguito tutte le prodezze e le vittorie della Ferrari con Michael Schumacher e nel Motomondiale praticamente tutta la carriera di Valentino Rossi. E poi la tv con il sogno di arrivare in Rai, dopo tanti anni di precariato. Le esperienze in tante discipline come telecronista, dal calcio, al calcio a 5, alla pallanuoto, fino al volley che seguo con continuità dal 2009.
Quale l’esperienza che ricorda più volentieri?
La pallavolo sicuramente rimane il mio primo amore e sarebbero troppe le cose da mettere in fila. Per il resto, parlando di carta stampata, ricordo molto volentieri gli anni di Michael Schumacher, era una bella Formula 1, ancora avevamo i rapporti diretti con i piloti. Erano gli anni di Giancarlo Fisichella e Jarno Trulli, bei ricordi, cari amici, ma anche l’ultimo periodo di Jean Alesi in pista. Si lavorava tanto, tante pagine scritte e bei rapporti, sinceri fuori e dentro il paddock. E poi l’inizio di Valentino, quando correva piccolissimo con l’Aprilia, i suoi mondiali, 125, 250 e 500. Ricordo quando io collaboravo con radio capital e Rossi in diretta con me seguiva il finale del mondiale 125 di Marco Melandri che correva con la Benetton, poi perso contro Alzamora. Sempre sulle pagine dei quotidiani, due chicche: l’intervista, che fece scalpore, a Sabrina Ferilli, allora laziale, in prossimità di un derby, e la prima intervista uscita sui giornali al centravanti della Roma Abel Balbo… e infine la tv con la pallanuoto e le telecronache assieme al Ct della nazionale Sandro Campagna, quel mondo così diverso ma anche per certi versi vicino alla pallavolo. Le sfide della Pro Recco con il Posillipo, la Canottieri e l’emergenza Brescia… O nel femminile le finali scudetto di Catania, anche quello un bel mondo, pieno di emozioni e bella gente e soprattutto grandi atleti…
Che consiglio dà a chi vuole intraprendere la sua professione?
Determinazione e passione. E poi, cosa ancora più importante da non dimenticare: umiltà, correttezza e rispetto per tutti. Lo dico alle nuove generazioni che pensano, ahimè, diversamente. Noi dobbiamo solo raccontare e mai essere i protagonisti. Questo mi hanno insegnato, questo faccio ogni giorno con tanta passione.
Ringrazio Maurizio Colantoni per la completezza delle risposte, sempre motivate e chiare. Gli auguro buon lavoro e ancora tante belle esperienze e grandi soddisfazioni personali.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.