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Il ricordo del generale Dalla Chiesa vive nella lotta antimafia del figlio Nando

Oggi ricorre il trentaseiesimo anniversario della morte del generale Dalla Chiesa che diede la vita per una società più giusta e libera dalla mafia. Il modo migliore per onorare la sua memoria, come quella di tanti altri che hanno pagato caro la loro lotta contro la criminalità organizzata, è continuare quello che essi avevano iniziato.
Tra coloro che si sono fatti carico di un impegno così gravoso, tenere viva la memoria e continuare l’azione interrotta con la violenza, vi è proprio Nando Dalla Chiesa, il figlio del Generale, che è da molti anni impegnato in vari modi nella guerra alle mafie. Nel 2013 ha fondato l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli Studi di Milano (CROSS) per il quale ha coordinato, tra il 2013 e il 2015 per la Presidenza della Commissione Parlamentare antimafia, quattro rapporti di ricerca sulla criminalità organizzata di stampo mafioso nelle regioni del Nord.

Lo scorso 18 Luglio nella Sala Belvedere di Palazzo Pirelli, in occasione della celebrazione “Nel segno di Borsellino”, nella seduta speciale della Commissione Antimafia della Regione Lombardia, Dalla Chiesa ha presentato il rapporto di ricerca “Monitoraggio sul fenomeno mafioso in Lombardia”.
Prima di lui sono intervenuti il Presidente della commissione, Monica Forte (M5S), il Governatore della Regione, Attilio Fontana, e il Procuratore aggiunto di Milano, dottoressa Alessandra Dolci, a capo della direzione distrettuale antimafia dal dicembre 2017.
Dopo i tradizionali saluti, il Presidente della Regione ha affermato “Dobbiamo continuare a ricordare, perché eventi simili non devono ripetersi e per questo si deve diffondere la cultura della legalità a partire dalle scuole.” Il Presidente della Commissione ha aggiunto: “Borsellino fu un uomo integerrimo e, se come giudice rimase solo….non è però morto. La testimonianza siamo noi qui, gente perbene, che fa il proprio dovere.

Il Governatore, Attilio Fontana, durante il suo intervento introduttivo
Il Governatore, Attilio Fontana, durante il suo intervento introduttivo

Il Procuratore aggiunto Dolci ha fatto un intenso e appassionato intervento, partendo dal motivo dell’evento: “ E’ sempre importante rendere onore ai caduti. Nel 2015 il CSM (Consiglio Superiore della Magistratura, nda) ha pubblicato un libro a ricordo. Ventisei anni non sono pochi. Nei momenti di scoramento guardo le rose spezzate che tengo sulla scrivania in loro ricordo e mi passa tutto, sento tornare l’energia e la passione per il lavoro”. Riallacciandosi a quanto detto da Fontana, ha poi ammesso con molta amarezza che “a volte mi capita di parlar con ragazzi di scuole medie inferiori e superiori e alcuni di loro non sanno di cosa si stia parlando. Questo mi colpisce e mi ferisce, il constatare come sono stati cresciuti ed educati dalle famiglie e dalla scuola, perciò sento come mio dover la gratitudine e la perpetuazione della loro memoria.
Continuando il suo intervento, ha affermato: “Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No! Come sosteneva Borsellino, la magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale, ma le Istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali…Alla magistratura, ripeto, spetta solo l’accertamento giudiziario. Quando sento dire che c’è la presunzione d’innocenza, mi viene da ridere, perché si deve valutare una certa condotta. Uno dei gravi problemi è che c’è sovrapposizione tra etica pubblica e codice penale”.
Ha portato poi il discorso sulle varie mafie: “Si parla di modo diverso di porsi della ‘ndrangheta e inabissamento di cosa nostra, ma sono soltanto diventati tutti più abili. Per questo è necessario l’impegno di ciascuno.

Sono una cittadina lombarda e mi duole constatare come il territorio della mia Regione sia stato oggetto di fenomeni di colonizzazione della ‘ndrangheta. E dire ciò non è affatto una esagerazione, non è un modo che noi forze dell’ordine usiamo per farci pubblicità. Nel 2010 è partito un processo importante (Crimine infinito, nda), sono passati ormai otto anni da quel 13 luglio, ma nulla è cambiato, anzi i mafiosi sono diventati ancora più abili.
La Dottoressa Dolci ha affrontato quindi il tema del rapporto tra mafia e politica: “Come è possibile che abbia influenzato le elezioni a livello locale gente con una cultura lontana anni luce, diversa dalla nostra? Me lo chiedo da anni. Ho provato a darmi una risposta e sono giunta alla conclusione che siano stati decisivi alcuni fattori
• la saldatura con personaggi border line
• la crisi economica che ha caratterizzato anche la nostra regione
• il mal funzionamento del sistema giuridico che ha come conseguenza il fatto che l’imprenditore si rivolge al mafioso di turno per il recupero crediti
• il problema di sicurezza
• gli aspiranti pubblici amministratori che scendono a compromessi con personaggi mafiosi in grado di garantire loro un certo pacchetto di voti
• la corruzione dilagante
• l’evasione fiscale

Riguardo al suo ruolo di procuratore aggiunto, Dolci ha sottolineato: “Fondamentale è stata la creazione della procura nazionale anti mafia e delle procure distrettuali. Bisogna avere la consapevolezza che dobbiamo remare nella stessa direzione, senza voler primeggiare. Per fare un esempio: il Processo infinito è nato dalla totale collaborazione con la DDA di Reggio Calabria e la Boccassini ha ottenuto, proprio grazie a ciò, molti risultati.
Infine, ha chiuso con una citazione e un auspicio: “Tacito diceva: -‘Nel momento della prova, ricordatevi di chi vi ha preceduto e pensate a chi verrà dopo.’-Inoltre, vorrei che i colleghi partecipassero a incontri pubblici patrocinati da enti pubblici, da associazioni, dalle scuole perché non si perda il ricordo di chi ha dato la vita per combattere le mafie.

Il procuratore aggiunto e a capo della DDA, Alessandra Dolci, durante la sua relazione
Il procuratore aggiunto e a capo della DDA, Alessandra Dolci, durante la sua relazione

Ha preso poi la parola Nando Dalla Chiesa che ha iniziato il suo intervento mettendo in guardia : “Solo conoscendo, si ha la percezione del rischio di ciò che accade.” Per quanto riguarda il rapporto di ricerca ha spiegato: “Si tratta della prima ricerca sistematica pensata sulla regione Lombardia e penso sia significativo, anche perché una delle pochissime fatte col nostro metodo a livello nazionale.” Ha chiarito che è stata “commissionata dalla regione Lombardia e lo reputo un gesto non scontato, anzi di coraggio, se consideriamo che in passato questa Regione a lungo negò la presenza della mafia. E’ la prima fase di una ricerca più grande e concerne la presenza delle organizzazioni criminali sul territorio. La seconda fase, che riguarda gli affari con una attenzione aggiuntiva alle organizzazioni straniere, la finiremo entro quest’anno”. Dalla Chiesa ha evidenziato il modus operandi che ha guidato la ricerca: “Non ci siamo accontentati delle statistiche, perché ci possono essere Comuni in cui non vengono commessi reati perché il controllo è assoluto, per esempio Corleone. Serve lo studio sul campo, sentire le Associazioni, gli Enti, i commercianti, gli imprenditori…, cercando di farsi un’idea concreta, aderente alla realtà e autonoma per definire il quadro della situazione. Perfino ciò che è stato scritto sui giornalini delle scuole superiori, presenti nel Comune considerato, può essere utile.
Ha proseguito spiegando che “C’è stato un avvicendamento in termini di pericolosità e leadership. Da un certo periodo in poi ha preso il sopravvento un indirizzo di libero trasferimento sulla base di strategie di trasferimento di capitali. Va distinta una prima fase con un elemento coercitivo, da una seconda fase con una libera scelta strategica. E il momento di confine sono gli anni Novanta, quando si passò a mercati più redditizi. Ad esempio, all’ eroina subentrò la cocaina.
Dalla Chiesa ha continuato segnalando: “Abbiamo memoria di decine di sequestri di persona, un grande fatto collettivo, segnale di conquista del territorio, ma c’è stata sottovalutazione pagata poi duramente. Era proprio quello l’inizio di un processo di colonizzazione con una storia dinamica.

Dalla Chiesa durante la presentazione del monitoraggio
Dalla Chiesa durante la presentazione del monitoraggio

Analizzando le province lombarde ha messo in evidenza come: “Milano e Monza Brianza sono province centrali; un tempo Cremona, Mantova e Lodi erano province marginali, ma la prima e la seconda non lo sono più e questo ci deve dare la misura del dinamismo del fenomeno e della forza espansiva. Inoltre, in quella di Brescia, il lago di Garda va considerato ormai un luogo di riciclaggio, mentre nella provincia di Bergamo si è verificata, nelle valli, la sostituzione della vecchia criminalità con la ‘Ndrangheta.” Ha parlato anche del rischio connessione con una regione confinante, l’Emilia: “Abbiamo dato valore 3 a Cremona e Mantova, ma c’è un aumento del rischio, in quanto dal sud-est stanno premendo organizzazioni che hanno radici in Emilia. C’è una risalita che non può non preoccupare”. La sua collaboratrice ha aggiunto: “L’area del cremonese e mantovano rappresenta un prolungamento di quella emiliana, dove dalla provincia di Crotone le famiglie ‘ndranghetiste si sono insediate nei piccoli e medi comuni.

Nel complesso, posso dire che il monitoraggio condotto da Nando Dalla Chiesa costituisce un rapporto completo e ben articolato, suddiviso in otto capitoli relativi all’analisi della situazione nelle province lombarde, agli scenari storico geografici e ai beni confiscati alla mafia nella Regione. Merita di essere letto con molta attenzione, soprattutto da parte di chi ha incarichi di un certo rilievo, ma anche da comuni cittadini perché tutti possiamo, e dobbiamo, fare qualcosa.
Non posso negare che, da cremonese, quanto affermato sulla mia Provincia mi preoccupa particolarmente, pur se ne ero già in parte a conoscenza.