Può la presentazione di un nuovo libro diventare l’occasione per parlare di un tema molto caldo di attualità? La risposta è affermativa, se lo scrittore è Saviano.
Vedo di chiarire. Uno degli argomenti di più stretta attualità è la legge sullo “ius soli”, approvata alla Camera ben due anni fa proprio di questi giorni. Col passaggio al Senato la legge è stata modificata, così oggi si dovrebbe parlare, più precisamente, di “ius soli temperato” o “ius culturae”. Come tutti sappiamo (?!), essa prevede la concessione della cittadinanza ai figli nati su suolo italiano da genitori stranieri in possesso di determinati requisiti ( uno di loro deve avere permesso di soggiorno Ue di lungo periodo, deve risultare residente legalmente in Italia da almeno 5 anni). La cittadinanza sarebbe riconosciuta anche ai giovani arrivati nel nostro Paese entro il 12esimo anno e che abbiano “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”…
Difficilmente la legge verrà approvata in questa legislatura, anche perché i partiti temono di perdere voti. Molti intellettuali, però, non desistono dal difenderla e continuano a fare pressioni su Governo e Parlamento affinché questo provvedimento veda la luce il prima possibile.
E così eccoci a Saviano che, negli incontri di presentazione del suo ultimo romanzo, “Bacio Feroce”, ha deciso di far intervenire proprio alcuni di quei giovani che, avendo tutti i requisiti richiesti, sono in attesa dell’approvazione della legge. La prima tappa è stata a Milano, alla Feltrinelli di Piazza Duomo, nel tardo pomeriggio di giovedì 12 Ottobre.
Lascio che sia Saviano a spiegare il motivo della presenza accanto a lui dei tre italiani senza cittadinanza. “…parlano italiano, sono cresciuti qui, si sono formati qui. Portarli in libreria per me che, come sapete, ho abbracciato la battaglia per l’approvazione dello ius soli, significa dire che il tema è soprattutto culturale. Approvare la legge darebbe non solo l’opportunità a tanti bambini, che ora solo esclusi da tale diritto, di diventare italiani, ma permetterebbe al nostro Paese di crescere culturalmente. Ecco perché in libreria”.
Quale attinenza, qualcuno si chiederà, con il suo ultimo libro che costituisce un nuovo capitolo della “Paranza dei bambini“? Un libro in cui Saviano racconta le vicende, caratterizzate da sangue e omicidi, dei ragazzi di Forcella. “Col libro c’entra, perché tutto ciò che riguarda il diritto spezza queste storie, la periferia dismette la sua necessità criminale e la strada del diritto interrompe quella dell’illegalità. Bisogna disarticolare le balle e le fesserie di Salvini; il diritto diventa l’elemento centrale. Chi è contro lo ius soli sa di aver di fronte degli interlocutori che hanno paura di perdere le pochissime garanzie sociali rimaste; sa e vuole parlare, a quegli elettori che iniziano ad aver paura. Chi non teme questa legge, invece, deve rispondere nei luoghi di lavoro, con gli amici, in famiglia, pensare che non sarà un lavoro facile, ma crederci.”
Stimolato dalle domande dei tre giovani in attesa della legge sulla cittadinanza, Saviano è quindi entrato nel merito del suo libro.
Sull’uso del dialetto all’interno delle pagine, ha spiegato “…ho voluto rendere i suoni così come sono nella testa dei protagonisti, perché secondo me alcune cose vengono pensate solo in dialetto… ho cercato l’autenticità. In caso contrario, il libro sarebbe stato monco.”
Riguardo ai bambini, protagonisti del romanzo, ha sostenuto che “sono geniali, con un talento che tracima in tutto, nel linguaggio, nella comunicazione… Gestire una piazza di spaccio è come gestire un megastore, è complicatissimo, bisogna avere rapporti con tante persone. Hanno una forza incredibile. Quei ragazzi desiderano raggiungere una determinata cifra, cinquemila euro, per svoltare, perché con quella cifra investita in cocaina, dopo un anno si arriva al milione. Il problema è che solo pochissimi ci riescono, perché prima di arrivare al contatto importante, all’acquisto e alla vendita, sei già arrestato o ammazzato o altri hanno fatto la spia. Ripeto: dietro i crimini di partenza c’è il pensiero di svoltare per arrivare alla roba che porterà soldi. “Fino alla fine dobbiamo godercela alla grande”, questo è la loro regola di vita, sapendo che ciò che essi pagheranno per vivere alla grande è la vita stessa… I grandi capi si nascondono in casa, per paura di esser arrestati. E la faida di Scampia nasce già per questa ragione, perché le nuove leve non sopportano che i vecchi capi si siano adagiati, non si attivino più con idee e versatilità… “
Saviano prosegue leggendo nell’atteggiamento dei ragazzi di Forcella il modus vivendi comune dei nostri tempi: “Il tutto e subito nasce perché è la regola del web. Il pensiero dei ragazzini è che il denaro o è facile o non arriva più. E’ un pensiero che non attraversa solo i settori criminali; culturalmente, tutti abbiamo perso il tempo, perché tutti pretendiamo una risposta immediata dai nostri interlocutori, dal lavoro, dal nostro corpo… E allora, anche in questo caso diventa fondamentale la libreria, il luogo del tempo. Anche in un’epoca in cui sembra che nessuno sia disposto a usare il suo tempo per leggere, dobbiamo, invece, ostinarci a fare libri, perché sono tempo, perché riflettere prima di rispondere richiede tempo… I protagonisti delle mie pagine, invece, non pensano di poter coltivare il loro tempo e il loro talento, perché sono innanzitutto disillusi dal Paese. Ma hanno anche responsabilità personali e sono ragazzi che, quando provano a lavorare, vengono pagati trecento euro al mese, se va bene. Quindi, si convincono che è impossibile non lavorare, ma diventa impossibile crescere. Questa realtà li convince che, visto che non c’è futuro, tutto sia presente.”
Saviano ha quindi esposto una considerazione che può risultare inquietante: “… il mondo criminale è uno spaccato che ti permette di vedere i vettori della società molto meglio dello spaccato legale, perché non ci sono mediazioni. Tutti i soldi sporchi vanno a Londra, capitale mondiale del riciclaggio e la Gran Bretagna sceglie Brexit diventando off-shore, come Lussemburgo, Malta, Cayman…”
Inoltre, chi è contro lo ius soli, spesso si giustifica con gli episodi cruenti ad opera del terrorismo di matrice islamica. Ma Saviano sostiene che “… quasi tutti gli autori degli attentati si sono radicalizzati pochissimo tempo prima dell’evento suicidario terroristico; hanno esperienze di droga nei quartieri di periferia, per i quali hanno costituito fonte di reddito; spesso non conoscono l’arabo e non hanno frequentato moschee.” Lo scrittore spiega quindi il perché della loro decisione: “Il destino di coloro che decidono, così, col diventare feroci assassini sarebbe quello di finire in galera per narcotraffico o di esser ammazzati da banda rivale. Però arriva un’ipotesi ideale, che dice che posono morire lasciando il segno e una parte di mondo, che spesso conoscono pochissimo, li considererà eroi… ”
Saviano individua l’unica soluzione: “… formarci e conoscere per difenderci dalla balla di associare il pericolo degli attentati con l’islam o con il tema dell’immigrazione.”
“Ci sono, poi, due atti concreti per contrastare la criminalità: legalizzare immediatamente le droghe leggere, così non avrebbero il primo segmento di guadagno, cioè spacciare erba, e creare le zone free tax, zone a rischio senza tasse, per almeno dieci anni. Certo, tutto ciò genererebbe un problema etico e politico complesso, ma è l’unico modo tecnico per far ripartire quei quartieri. Ormai è troppo tardi per poter trasformare, ma non per poter arginare e ci sono organizzazioni che tentano di farlo. La vera sfida è portare una grande quantità di lavoro, una grande possibilità di sfruttare i propri talenti. Non c’è altro: o si porta un modello così o tutto il resto che già c’è, può solo tamponare”
(In netto contrasto con questa tesi, ricordo quella opposta di una personalità importante del mondo giuridico, Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro. Questi, replicando a Roberti, procuratore nazionale antimafia, sostenne che “uno Stato democratico non si può permettere il lusso di liberalizzare ciò che provoca danni alla salute dei cittadini…Il guadagno che si sottrarrebbe alle mafie è quasi ridicolo rispetto a quanto la criminalità trae dal traffico di cocaina e eroina. Un grammo di eroina costa 50 euro, un grammo di marijuana costa 4 euro. Non c’è paragone dal punto di vista economico»).
Da ultimo, Saviano, in seguito alla domanda su quale sua opera egli ritenga la migliore, ha risposto che “è difficile scegliere. Non c’è una legge universale, ma per me un libro ha senso, sia scriverlo che leggerlo, quando chi lo fa è disposto a perdere qualcosa d’importante, ma si mette ugualmente in gioco. So che, dopo la pubblicazione di ogni mio libro, perdo qualcosa e so che questo rientra nel rapporto col lettore il quale comprende e la storia diventa sua. Conoscere è già trasformare, la parola è l’origine di tutto… Ciò che resta di noi scrittori è il contenuto che abbiamo messo nelle cose, la vera anima di tutto. E il mio sogno è che questo libro possa suggerire alla donna di difendere l’idea di fallimento. Fallire fa sentire libero…fallire significa anche tentare di trasformare un certo mondo. I genitori di Forcella tollerano la violenza dei ragazzini, perché li vedono vincitori, e l’accettano come unico destino. Essere vincenti, in quel tipo di società, significa compromettersi. Ecco allora che l’educazione al fallimento è un’educazione alla libertà.”
Saviano è infine tornato da dov’era partito, parlando ancora della battaglia per lo ius soli: “Stiamo perdendo un bagaglio culturale immenso per propaganda elettorale. Le forze politiche hanno paura di approfondire, così si arriva all’assurdo: per non far vincere Salvini, facciamo ciò che dice Salvini… Spero che i miei colleghi scrittori continuino quest’opera di sensibilizzazione: riempire le librerie di ragazzi italiani cui viene tolto un fondamentale diritto. Ognuno di loro ha una storia pazzesca. Ma il loro talento è ciò che mi fa vivere continuando ad avere fede nel genere umano.”
L’evento si è chiuso proprio con i tre giovani che hanno parlato molto brevemente della loro vita e con il tradizionale momento in cui i tanti presenti si sono fatti autografare il libro ed hanno posato per un selfie con lo scrittore.
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