Gli ultimi giorni non sono stati importanti solo per le dimissioni del sindaco di Roma, Ignazio Marino, e per il procedere della riforma costituzionale ma anche per un fatto importante avvenuto alla Camera riguardante lo ius soli.
Prima di proseguire ricordiamo che lo Ius soli (in latino «diritto del suolo») è un termine giuridica che segnala l’acquisizione della cittadinanza di un determinato Stato come effetto del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio a prescindere dalla cittadinanza dei genitori. Questo istituto giuridico si contrappone allo ius sanguinis (o «diritto del sangue»), che definisce invece la trasmissione alla prole della cittadinanza del genitore.
Tornando alla legge in discussione alla Camera, giovedì è stata approvata con la particolarità non irrilevante della retroattività. Ciò significa che verranno giustamente coinvolti anche i figli degli immigrati con ormai più di vent’anni, che correvano il rischio di esser esclusi. Viene prescritto da una norma transitoria (si attende il testo ufficiale) votata in Aula alla Camera, con un emendamento della maggioranza. Il nostro Paese compie un importante e giusto passo in avanti, un atto di civiltà, che doveva esser compiuto già da tempo.
Scendendo più nel dettaglio, avranno il diritto di chiedere di diventare italiani i nati in Italia o qui giunti quando avevano meno di dodici anni, hanno frequentato qui per almeno cinque anni uno o più cicli scolastici e hanno risieduto “legalmente e ininterrottamente negli ultimi cinque anni nel territorio nazionale”. Hanno a disposizione un anno di tempo dall’entrata in vigore della riforma per presentare la domanda, ma il ministero dell’Interno avrà sei mesi di tempo per approvarla o rifiutarla per motivi di sicurezza nazionale.
Un altro emendamento ha consentito di far valere lo ius soli anche per i figli dei cittadini comunitari, come romeni e polacchi, trascurati nel testo approvato in Commissione. Diverranno italiani i nati qui se la madre o il padre sono titolari del “diritto di soggiorno permanente”.
Per quanto riguarda gli extracomunitari, rimane, invece, il requisito della carta di soggiorno (permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo) per uno dei genitori per lo ius soli a vantaggio dei bambini nati in Italia. E’ stato, infatti, respinto l’emendamento di Sinistra, Ecologia e Libertà che desiderava cambiarlo con un’anzianità di soggiorno regolare di almeno cinque anni. Giovedì l’Aula ha finito la discussione e sono stati votati tutti gli articoli della riforma. Il voto finale avverrà martedì mattina, ma a questo punto l’approvazione è scontata. Il testo passerà poi al Senato.
Ecco, quindi, i punti principali della riforma:
- I bambini nati in Italia diventeranno italiani per nascita solo se i genitori godono del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (extraue) o il “diritto di soggiorno permanente” (Ue). Altrimenti, come gli altri bambini non nati in Italia, ma arrivati qui entro i dodici anni, hanno l’obbligo prima di frequentare uno o più cicli scolastici per almeno 5 anni e, se si tratta delle elementari, concluderle positivamente.
- Diverse le regole per i ragazzi arrivati in Italia entro i 18 anni di età. Riusciranno a diventare italiani dopo sei anni di residenza regolare e dopo aver frequentato e concluso un ciclo scolastico o un percorso di istruzione e formazione professionale. In questo caso, però, non si parlerà di un diritto acquisito, bensì di una “concessione”, soggetta quindi a una certa discrezionalità da parte dello Stato.
Lo ius soli viene applicato in quasi tutti i paesi del continente americano automaticamente e senza condizioni. Tra questi gli Stati Uniti, il Canada e quasi tutta l’America meridionale. In Europa la situazione è più eterogenea in quanto solo alcuni Paesi hanno nel loro ordinamento la cittadinanza per ius soli (per esempio Grecia, Francia, Portogallo, Irlanda, Regno Unito e Finlandia) sebbene condizionata.
Parlando degli Stati Uniti d’America, Il Quattordicesimo Emendamento della costituzione prevede che tutti i nati sul territorio dell’Unione e soggetti alla sua giurisdizione — esclusi, quindi, i membri del corpo diplomatico ed eventuali truppe straniere d’occupazione — ne diventino automaticamente cittadini.
Finora in Italia lo ius soli era applicato in circostanze eccezionali, come norma residuale, precisamente in due soli casi: per nascita sul territorio italiano da genitori ignoti o apolidi o impossibilitati a passare al soggetto la propria cittadinanza secondo la legge dello Stato di provenienza, o se il soggetto è figlio di ignoti e si trova nel territorio italiano.
Un’interpretazione indiretta dello ius soli è quella che consente al cittadino straniero nato in Italia e che vi abbia mantenuto in modo costante la residenza dalla nascita la possibilità, al raggiungimento della maggiore età, di chiedere ed avere, anche senza le condizioni solitamente richieste (reddito sufficiente, incensuratezza, circostanze di merito, ecc.), la cittadinanza italiana; questa facoltà, tuttavia, può essere sfruttata solo entro un anno dal conseguimento della maggiore età, termine dopo il quale la cittadinanza si può avere solo attraverso le norme ordinarie.