Un anno fa, chiudevo il mio pezzo “Febbraio, un mese tra sacro e profano” con una promessa e così, eccomi qui pronto a mantenerla!
In quell’occasione, parlando dei cosiddetti “giorni della merla” rimandavo a quest’anno la proposta di alcune leggende legate a questi giorni. Naturalmente non sono qui a raccontare per l’ennesima volta la leggenda della merla che tutti ben conosciamo, ma, se mai, a presentarvene altre, più o meno curiose e, come avrete modo di scoprire, con qualcosa in comune.
Prima di tutto, però, una precisazione in merito alla classica leggenda del merlo che da bianco diventa nero.
Nel libro “Tradizioni e costumi lombardi” pubblicato nel 1891, Gabriele Rosa ricorda che già ai tempi di Dante “correva tradizione di un merlo che, veduto buon tempo alla fine di gennaio e credendo passato l’verno, gli disse “or non ti curo domine”, e se ne volò via. Onde il Sommo Poeta (Purgatorio, canto 13°) Ormai più non ti temo/ Come fe’ ‘l merlo per poca bonaccia”.
Ma andiamo oltre…
In alcuni territori della pianura Padana, si narra di un contadino che, attraversando un fiume gelato con il carro trainato dalla cavalla Merla, sia stato inghiottito dalle acque gelide, a causa della rottura del sottile strato di ghiaccio.
O anche…
“Uno dei duchi Gonzaga (ma in alcune versioni è Napoleone) doveva attraversare il Po.
Volendo fare un riposino avvertì il suo servo, alla guida del carro, di svegliarlo quando fossero giunti al fiume. Il servo, arrivato sulle sponde del Po, vide che il freddo intenso degli ultimi giorni ne aveva ghiacciato le acque. Pensando di fare cosa gradita al duca, incitò la sua cavalla, chiamata Merla, per passare col carro sulla lastra ghiacciata. Siccome giudicò la traversata alquanto agevole, non ritenne necessario svegliare il suo padrone. Quando il Gonzaga si svegliò, il servo gli disse trionfante che “la Mèrla l’ha passà al Po” (La Merla ha passato il Po), facendo montare su tutte le furie il Duca, poiché non aveva obbedito ai suoi ordini. Arrivato a destinazione, lo fece impiccare.”
In Toscana, nel libro “Modi di dire toscani ricercati nella loro origine” risalente al 1740, lo scrittore Sebastiano Pauli offre altre due spiegazioni, una bellica e una alquanto suggestiva. Ve le riporto nella loro versione originale.
1) “I giorni della Merla” in significazione di giorni freddissimi. L’origine di quel dettato dicon esser questo: dovendosi far passare oltre Po un cannone di prima portata, nomato la Merla, s’aspettò l’occasione di questi giorni, ne’ quali, essendo il Fiume tutto gelato, poté quella macchina esser tratta sopra di quello, che sostenendola diè il comodo di farla giugnere all’altra riva.
2) Altri, altrimenti, contano: esservi stato, cioè un tempo fa, una Nobile Signora di Caravaggio, nominata de’ Merli, la quale dovendo traghettare il Po per andare a Marito, non lo poté fare se non in questi giorni, ne’ quali passò sovra il fiume gelato”.
Sempre di sposi si racconta, anche, nel Lodigiano.
“Merlo e Merla erano due giovani sposi che, sposandosi come di tradizione nel paese della sposa che si trovava oltre l’Adda, per far ritorno nella loro nuova casa, furono costretti ad attraversare il fiume. Dopo ben tre giorni passati dai parenti in attesa che le condizioni climatiche migliorassero e visto che non vi era nessun cenno di miglioramento, decisero di attraversare a piedi il fiume che, dato il gran freddo, era ghiacciato. Purtroppo Merlo, nell’attraversamento, morì, poiché la lastra di ghiaccio non resse il suo peso. Merla pianse così tanto di dolore che il suo lamento si sente ancora oggi lungo le acque del fiume nelle notti di fine Gennaio e, in ricordo di questo triste episodio, le giovani in età da marito si recano sulle rive del fiume nei tre giorni della Merla per ballare e cantare una canzone propiziatoria il cui ritornello dice: «E di sera e di mattina la sua Merla poverina piange il Merlo e piangerà».”
Vi dicevo che tutte le leggende hanno qualcosa in comune e vanno a giustificare un dato di fatto oggettivo (freddo alla fine di gennaio) o riportano, enfatizzandolo, un evento veramente accaduto. Lasciando da parte la nostra esperienza di questi ultimi inverni (alcuni con temperature miti, quest’anno gelide da tanti giorni ormai…), di solito alla fine di gennaio il freddo si fa sempre particolarmente pungente e, in tempi lontani, sarà senz’altro successo che qualche temerario abbia perso la vita attraversando, per svariati motivi, un fiume gelato…
Milano, però, si discosta da tutte e merita particolare attenzione, perché pone le sue radici in un avvenimento storico molto importante. La leggenda milanese attribuisce a tale Cornelio Merula, astronomo e sacerdote di Giove, la riforma del calendario su incarico di Giulio Cesare, giunto appunto in quel di Mediolanum dal ritorno dalle Gallie. Secondo la tradizione meneghina, lo studioso avrebbe tolto tre giorni a febbraio e li avrebbe uniti a gennaio. In effetti nel calendario romano, il mese di Gennaio aveva solo 28 o 29 giorni, a seconda dei ritocchi, sin dai tempi di Numa Pompilio e della sua riforma (713 a. C.), quando il calendario a Roma divenne da lunare a luni-solare e furono inseriti i mesi di Gennaio e Febbraio. Fu proprio nel 46 a. C., con il calendario giuliano, che il computo dei giorni divenne decisamente e definitivamente solare e Gennaio prese “in prestito” i tre giorni a Febbraio.
Questi furono da allora chiamati “i giorni di Merula”, storpiati dal popolino rozzo e ignorante, che era solito così fare con i nomi di cui non intendeva bene il significato, in “i giorni della merla”.
Bene, ho mantenuto la promessa! A onor del vero, devo però dire “grazie” a mia madre che mi ha passato un suo scritto pubblicato sul periodico della nostra Pro Loco. L’impegno è così stato di semplice rielaborazione e adattamento.
Per restare in tema con l’ultima leggenda:“Diamo a Cesare quel che è di Cesare”.
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