Oggi è una data molto importante per le donne. Viene celebrata, infatti, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dall’ONU nel 1999 con la risoluzione numero 54/134 dell’Assemblea Generale che esorta Governi, organizzazioni internazionali e ONG a organizzare eventi finalizzati a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. I lettori più attenti di questo blog ricorderanno che già un anno fa celebrai la ricorrenza in modo originale, convinto che di dati e analisi si occupino già giornalisti molto più qualificati di me.
Intendo fare anche quest’anno a modo io, segnalandovi una serie di poesie dedicate all’universo femminile.
Dante Alighieri
Tanto gentile e tanto onesta pare
Il sommo poeta dedica alle donne la ventiduesima rima della Vita nuova (composta tra il 1282 e il 1293) in lingua volgare. Si tratta di uno dei più chiari esempi dello “stile della “loda” e della scuola stilnovista. Ricco di artefatti e pensieri propri dello stilnovismo, il componimento è composto da soli 14 versi. Questo sonetto fa parte delle cosiddette rime in lode a Beatrice; in esso Dante esprime la lode della bellezza e della virtù di Beatrice e le reazioni di ammirazione che suscita in chi la nota mentre passeggia per strada. Grazie al saluto, ella dispensa la grazia salvifica, operando la redenzione e donando beatitudine agli uomini: Beatrice rappresenta quasi una emanazione di Dio.
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova;
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
Francesco Petrarca
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
L’amore vero non viene meno quando la bellezza della donna sfiorisce. In questo sonetto, Petrarca rievoca a distanza di tempo il primo incontro con Laura, quando si innamorò di lei colpito dalla sua folgorante bellezza. Tanti anni sono passati e sul volto della donna i segni del tempo offuscano la bellezza della gioventù, ma il poeta l’ama come allora e soffre in quanto il suo è un amore non corrisposto.
Erano i capei d’oro a l’aura sparsi
Che in mille dolci nodi gli avolgea
E ‘l vago lume oltre misura ardea
Di quei begli occhi, ch’or ne sono sì scarsi;
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Uno spirito celeste, un vivo sole
Fu quel ch’i vidi: e se nion fosse or tale,
piagha per allentar d’arco non sana.
Giacomo Leopardi
A Silvia
E l’amore continua anche quando la donna non c’è più. Il suo ricordo è però sempre vivo nel poeta che non ha dimenticato nulla di lei e le parla…
A Silvia
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
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Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!
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Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
Da chiuso morbo combattuta e vinta,
Perivi, o tenerella…………………………
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La donna a cui il poeta rivolge il suo inno non è una donna terrena; il poeta può desiderarla solo in una astrattezza, perché non appartiene alla realtà di questo mondo.
Sembra essere un doloroso addio alle illusioni che manifestano la loro inconsistenza nel contrasto tra l’immaginazione e la realtà; soprattutto è un addio all’illusione più importante e più carica di significati e di valore per la vita umana, l’amore.
La canzone costituisce un inno alla Donna, alla Bellezza, a un universo archetipico o comunque superiore al reale.
Alla sua donna
Cara beltà che amore
Lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
Fuor se nel sonno il core
Ombra diva mi scuoti,
O ne’ campi ove splenda
Più vago il giorno e di natura il riso;
Forse tu l’innocente
Secol beasti che dall’oro ha nome,
Or leve intra la gente
Onima voli? o te la sorte avara
Ch’a noi, t’asconde, agli avvenir prepara?
[…]
Rabindranath Tagore
Donna
Questa poesia di Tagore è un omaggio alla figura femminile, in una visione quasi celestiale, ma declinata in una descrizione del modo in cui viene vista, ammirata e elogiata. La donna è immortalata in dipinti, decantata in sublimi versi da parte dei poeti e in un certo senso resa immortale dalle opere umane. Così, la figura femminile è per metà donna e per metà sogno.
Donna, non sei soltanto l’opera di Dio,
ma anche degli uomini, che sempre
ti fanno bella con i loro cuori.
I poeti ti tessono una rete
con fili di dorate fantasie;
i pittori danno alla tua forma
sempre nuova immortalità.
Il mare dona le sue perle,
le miniere il loro oro,
i giardini d’estate i loro fiori
per adornarti, per coprirti,
per renderti sempre più preziosa.
Il desiderio del cuore degli uomini
ha steso la sua gloria
sulla tua giovinezza.
Per metà sei donna,
e per metà sei sogno.
Edoardo Sanguinetti
Ballata delle donne
Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.
Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.
Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.
Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.
Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, ti prendo per mano.
E voglio chiudere con la voce delle donne poetesse. A loro la parola…
Alda Merini
A tutte le donne
Durante l’assedio alla sua persona, alla sua femminilità, nasce la poesia “A tutte le donne”, un inno vero e proprio alla donna, che nonostante i millenni rimane ancora legata alla sua dimensione di “granello di colpa”, a suggerire l’immagine di debolezza del mondo in cui è concentrato il tema del peccato da Eva in poi.
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.
Antonia Pozzi
Voce di donna
Io nacqui sposa di te soldato.
So che a marce e a guerre
lunghe stagioni ti divelgon da me.
Curva sul focolare aduno bragi,
sopra il tuo letto ho disteso un vessillo –
ma se ti penso all’addiaccio
piove sul mio corpo autunnale
come su un bosco tagliato.
Quando balena il cielo di settembre
e pare un’arma gigantesca sui monti,
salvie rosse mi sbocciano sul cuore:
che tu mi chiami,
che tu mi usi
con la fiducia che dai alle cose,
come acqua che versi sulle mani
o lana che ti avvolgi intorno al petto.
Sono la scarna siepe del tuo orto
che sta muta a fiorire
sotto convogli di zingare stelle.
Vi chiederete perché vi ho proposto poesie. Per rispondervi, prendo in prestito qualche frase qua e là di un’inchiesta di Francesca Bussi, comparsa su Elle tempo fa. “Le poesie sono social per natura, sono fatte per esser passate di mano in mano, rubate, sussurrate… per quanto fatte di parole, le poesie sono più simili ad una carezza, ad un bacio…”
Perchè leggere versi è come dondolarsi su un’amaca in un pigro pomeriggio estivo, all’ombra di una vecchia e frondosa quercia ascoltando in sottofondo il frinire delle cicale.
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