L’anno che siamo sul punto di salutare è stato ricco di anniversari importanti che hanno occupato grandi spazi sui mass media. Accanto ai 200 anni dell’Infinito leopardiano e al 50° della discesa dell’uomo sulla luna, mi piace ricordare che nel 2019 si è celebrato anche il decimo anniversario del riconoscimento delle Dolomiti Patrimonio Unesco. “Le loro cime, spettacolarmente verticali e pallide, presentano una varietà di forme scultoree che è straordinaria nel contesto mondiale. Queste montagne possiedono inoltre un complesso di valori di importanza internazionale per le scienze della Terra”. Questa la motivazione che accompagnava l’importante notizia arrivata da Siviglia il 26 giugno 2009.
Nel corso della calda estate che ci siamo lasciati alle spalle, oltre 140 eventi si sono svolti organizzati in quella che si può definire “una grande festa diffusa”. E non poteva certo mancare una manifestazione celebrativa anche in Val Rendena, per la precisione l’8 Agosto a Carisolo. Ad organizzare la serata di approfondimento hanno provveduto la Pro Loco del piccolo, ma vivace, paese, e l’APT Madonna di Campiglio – Pinzolo che l’ha inserita nel festival “Mistero dei Monti”. L’evento “Dolomiti a confronto patrimonio dell’umanità” si è svolto nell’auditorium del paese e ha avuto come protagonisti l’antropologo e professore Annibale Salsa ( anche cittadino onorario di Carisolo) e lo scrittore Marco Albino Ferrari, fondatore della rivista Meridiani e autore di numerosi libri sull’alpinismo.
Il primo illustre ospite ha trattato dell’aspetto naturalistico delle Dolomiti e ha esordito con un riflessione che è monito, cui ne seguiranno altri. “Queste montagne costituiscono un patrimonio che appartiene a tutti, quindi diventano una responsabilità doppia, di chi ci abita e dei turisti. Non dobbiamo mai dimenticare che c’è modo e modo di muoversi in questo ambiente, perché bisogna tener presente che ci si trova in una realtà fragile e perciò non si devono superare certi limiti. E la montagna è la maestra del limite, come diceva Goethe. Purtroppo dobbiamo amaramente constatare che nella società contemporanea il limite è stato frantumato.” Il professor Salsa, al riguardo, ha ricordato che “ …patrimonio dell’umanità è il massimo riconoscimento, qui dato sia per il valore estetico, che per l’aspetto geomorfologico. Se guardassimo solo uno dei due, sarebbe limitante, perché isoleremmo una parte di un tutto: il paesaggio non può essere circoscritto all’aspetto naturale, che peraltro non è esclusivo, perché è anche (io direi soprattutto!) culturale. E non si può isolare l’elemento naturale dall’elemento culturale, perché le due cose sono intrecciate.”
Parlando, invece, dell’aspetto più amministrativo, ha evidenziato che: “ le Dolomiti sono un sistema composto da nove siti seriali che deve essere gestito in maniera unitaria, anche se ricade su tre regioni e cinque province con ordinamenti completamente diversi. Complicato, dunque! Per questo, probabilmente, sarebbe opportuno un altro ente.”
Salsa ha poi ripercorso, in estrema sintesi, il cammino che ha portato alla storica data: “ Le nostre montagne hanno raggiunto l’importante obiettivo, dopo vari tentativi: il primo nel 1997, il secondo nel 2004, seguito l’anno dopo da un altro tentativo, per arrivare, infine, a quello decisivo nel 2008.” L’eminente studioso sente di dover aggiungere una doverosa precisazione: “ E’ bene ricordare che il riconoscimento non è ad infinitum, ma è condizionato dalle modalità gestionali. Per esempio, Venezia è a rischio! Se la città lagunare non riuscirà a risolvere il problema delle grandi navi, rischia di farsi cancellare dai siti Unesco. Insomma, deve essere chiaro che bisogna conquistarsi il riconoscimento giorno dopo giorno…”
Trovandosi ai piedi delle Dolomiti di Brenta, vuole ricordare che inizialmente c’erano delle riserve da parte di qualche esperto UNESCO al loro inserimento, ma alla fine si giunse alla corretta decisione di comprenderle nel riconoscimento: “La Val Rendena è da manuale geologico, perché rappresenta una sorta di confine tra due approcci diversi. Come ho già detto, il paesaggio è prevalentemente culturale e riguarda aspetti relativi a come vengono tenuti i campi, alla mentalità della gente, al modo di pensare, alla visione del mondo… Si può affermare che in tutti i nove siti abbiamo visioni diverse e questo è un elemento di cui bisogna tener conto. Il montanaro, inoltre, non si è mai interessato delle vette, delle cime, perché il limite del suo interesse era il terreno utile…”
A conclusione, il professore ha spiegato che: “Bisogna considerare un cambio di lessico: l’alpe è il pascolo e le Alpi sono un laboratorio di uniformità culturale. Le Alpi si chiamano così per il pascolo (alpeggio). Se monte è la stazione intermedia, in estate si va in montagna: questo è il lessico del montanaro. Il monte diventa la cima, quella che al montanaro non interessava.”
E così, monito dopo monito, per la salvezza della montagna, delle Dolomiti (“ E la mia percezione è quella del montanaro, in quanto fin da bambino ho frequentato le malghe delle Alpi”), e la conseguente conferma dell’importante riconoscimento, ha offerto un’importante indicazione: “L’economia circolare è il modo corretto per rispettare la montagna”.
Lo scrittore ha, invece, offerto un contributo alla serata da un altro punto di vista, quello della montagna visto dalla città ed è così che “… si apre uno scenario interessante. Stiamo parlando di una prospettiva che è molto diversa, a seconda di dove la si osserva. E comunque, l’importante riconoscimento del 2009 è stato dato alla parte non frequentata nell’antichità, perché il fondovalle è stato levigato dall’uomo. Qui, invece, si parla di luoghi che stanno oltre la linea di confine interdetto all’uomo, luoghi della nostalgia… luoghi difficili da raggiungere, ma luoghi magnificamente belli. Dalla città si continua a vivere in dimensione di nostalgia che idealizza mondi sacri e nascosti. Così nasce l’alpinismo…Il cittadino alpinista passa le ore e i giorni a caricare la molla del desiderio…è un retaggio culturale che viene dall’Ottocento e che, per fortuna, c’è ancora oggi”.
Ferrari della ha quindi ripercorso brevemente l’origine storica delle Dolomiti: “Il nome deriva da un geologo vulcanologo francese, Dolomieu, che all’inizio dell’Ottocento viaggia in queste terre poco conosciute partendo da Bolzano. Durante il suo viaggio, raccoglie sassi particolari, li spedisce al figlio di un collega. Questi li analizza e vede che hanno una reazione particolare, in quanto sono una roccia sedimentaria. A quel punto, si instaura un balletto di cortesia tra i due per decidere chi debba dare il nome e alla fine Dolomieu accetta. Da lui il nome Dolomiti, roccia dolomitica.”
Lo scrittore ha continuato portando l’attenzione dei presenti sulla nascita dell’alpinismo: “Nel 1861 quando Garibaldi risaliva l’Italia, due signori inglesi erano stati spediti da una casa editrice sulle Alpi per tracciare percorsi turistici. Questa spedizione sancisce la nascita del turismo sulle montagne, con le Alpi che diventavano di moda. I due signori setacciano i passi e prendono appunti sui luoghi che presentano potenziale turistico. Capiscono che l’elemento unificativo è la roccia.”
Ferrari va avanti nel tempo, e fa un’amara constatazione. “ Quel mondo, purtroppo, fu dissolto come una bolla con la prima guerra mondiale. Alla sua conclusione, si contarono seicentomila morti, con quarantamila soldati deceduti sulla grande spianata in quindici giorni nel 1915. Alla fine del conflitto, perciò, si ebbe una montagna diversa perché le Dolomiti, liberate da una patina di irraggiungibilità, sono state violate dalle trincee bunker. A seguito di ciò, questi territori sono diventati soprattutto luoghi sacri per la patria…”
E’ passato del tempo, le vacanze d’agosto sono un lontano ricordo, ma sono riuscito (e ci tenevo molto!) a proporvi un resoconto molto sintetico della serata. Protagonisti due relatori davvero illuminanti che hanno dato vita a un dialogo complementare sulle Dolomiti, offrendo ai presenti, e a chi leggerà queste righe, molti spunti di riflessione. A quelli che, invece, ancora non conoscono i Monti Pallidi, il mio invito a non rimandare oltre una vacanza sulle Dolomiti Patrimonio Unesco.
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