L’uovo sta alla Pasqua, come il panettone a Natale, le lenticchie a Capodanno, l’anguria a ferragosto o, come usa dalle mie parti, i fagiolini dell’occhio con le cotiche nei giorni dei morti… E, anche se oggi è di moda il panettone tutto l’anno, a metà agosto sotto l’ombrellone, e le lenticchie sono diventate un piatto consigliato per il benessere da consumarsi regolarmente, l’uovo di cioccolato è rimasto un tipico simbolo della Pasqua.
Non vi siete mai chiesti da dove arriva questa tradizione? Io l’ho fatto, mi sono documentato e penso valga la pena di approfondire un po’ il discorso…
In India, secondo la Chandogya Upanishad ( le upanishad sono un insieme di testi religiosi e filosofici indiani e la Chandogya è una di quelle più antiche, le Vediche n.d.a.), l’uovo è nato dal Non Essere che ha generato tutti gli elementi: “All’inizio non vi era che il Non-Essere… Crebbe e si cambiò in uovo. Riposò un anno, poi si divise. Apparvero due frammenti di conchiglia: l’uno d’argento, l’altro d’oro. Da quello d’argento venne la terra, da quello d’oro il cielo. Dalla membrana esterna vennero le montagne, dalla membrana interna le nubi e le brume, dalle vene i fiumi, dall’acqua della vescica, l’oceano”.
Secondo un mito greco, invece, in principio c’era la notte che fu fecondata dal vento e depose un uovo d’argento nel grembo dell’oscurità. Dall’uovo usci Eros con le ali d’oro che portò alla luce quello che fino ad allora era stato nascosto: il cosmo intero con tutte le creature.
Nell’antica Roma, poi, i contadini avevano l’usanza di seppellire un uovo dipinto di rosso nei campi per propiziarsi un buon raccolto.
L’uovo nasce da una vita e dà origine a una nuova vita, è il simbolo universale della rinascita della natura e simboleggia il rinnovamento dell’anno astrologico all’equinozio di primavera. Regalare e mangiare uova significava augurare e augurarsi un buon anno nuovo.
E’ visto, cioè, come simbolo di nascita, o meglio, di rinascita in ogni tradizione, nella nostra è diventato il simbolo del Cristo risorto. La Pasqua cristiana si sovrappose, come sappiamo, a una festa già esistente nella religione ebraica e in essa uno dei simboli era, appunto, l’uovo. Proprio per la sua forma, l’uovo non ha un vero inizio e una vera fine, ma rappresenta il ciclo continuo della vita e della morte. E’ simbolo di lutto per la perdita, ma anche speranza per la rinascita.
Popolare la leggenda secondo la quale Maria Maddalena annunciò all’imperatore Tiberio la morte di Gesù portandogli un uovo dipinto di rosso. Questo rappresentava il sangue di Cristo per la redenzione dell’umanità.
Nelle tombe dei martiri cristiani a Roma, come in quelle di Santa Balbina e Santa Teodora, sono state trovate uova simboliche di marmo. Anche nei reliquari medioevali si trovano, montate su coppe, uova di struzzo, a quei tempi molte ricercate, preziose e che simboleggiavano la Resurrezione. In molte cattedrali il giovedì santo si deponeva un uovo di struzzo nel sepolcro insieme con l’Eucarestia e lo si riprendeva il giorno di Pasqua cantando:”Resurrexit Dominus vere:alleluja!” Nella cattedrale di Burgos, in Spagna, l’iconografia del Cristo di Matteo Cerezo divenuta famosa in tutto il mondo, vede un uomo in croce. Ai piedi c’è la riproduzione di un uovo di struzzo, uno dei cinque che un facoltoso mercante del luogo aveva donato al simulacro, forse per una grazia ricevuta.
Se passiamo alla tradizione dei cristiano-ortodossi, il significato sacrale connesso al dono dell’uovo non è mai tramontato. In Russia si chiama Pysanky, dal verbo pysaty che significa scrivere, perché sul guscio dell’uovo si tracciano, in un silenzio assoluto interrotto solo a tratti da preghiere e canti, i simboli sacri della settimana santa.
Come non parlare, a questo punto, delle famose e preziose uova di Peter Karl Fabergè che nel 1885, con i suoi orafi, progettò e costruì il primo famoso uovo su commissione dello zar Alessandro III di Russia che lo voleva donare alla moglie Maria Fyodorovna? L’uovo, smaltato di bianco opaco, era costruito con la struttura tipica delle scatole cinesi, anzi è più appropriato dire, delle matrioske russe. All’interno, c’era naturalmente il tuorlo…tutto d’oro (!), che conteneva una gallinella…colorata d’oro e smalti con gli occhi di…rubino. E non è finita! La gallinella racchiudeva una copia in miniatura della corona imperiale contenente a sua volta un piccolo rubino a forma… d’uovo. E così il cerchio si chiudeva ma si lasciava ancora aperta la domanda di sempre: “ Ma è nato prima l’uovo o la gallina?”
Torniamo ora a noi comuni mortali e alle usanze di casa nostra.
Un tempo, la domenica di resurrezione era chiamata “ Pasqua dell’uovo”, perché veniva festeggiata donando e mangiando uova sode. Venivano benedette in chiesa il sabato santo, dopo che erano state colorate usando delle semplici erbe dell’orto e dei campi: bucce di cipolla per avere uova marroni, foglie di edera e ortica per il verde, succo di rape rosse per il rosso, naturalmente….
Vi voglio ricordare ora alcune curiose tradizioni locali.
Nelle valli ladine, le ragazze regalano un uovo dipinto al prescelto che, restituendolo, dichiarerà di corrispondere al loro sentimento. L’uovo, sepolto nella terra, sarà lo scrigno segreto dal quale nascerà la felicità della coppia.
Un’usanza molto viva in quelle terre, ma qua e là in tutto il Trentino Alto Adige, è quella che vede a Pasqua il preisguffen o osterpeken. E’ una gara che consiste nel battere la punta di un uovo sodo colorato contro quella dell’avversario per spezzarne il guscio. Vince chi alla fine ha ancora l’uovo intero che il vincitore appenderà ad un ramo in segno di buon auspicio.
Il giovedì santo le uova sono colorate e decorate dai più piccoli, mentre il giorno di Pasqua vengono portate in chiesa per essere benedette e, dopo la messa, ha inizio la gara.
E ora so che mi chiederete: “ Ma quando è nata l’usanza di nascondere una sorpresa nell’uovo?”
Le mie ricerche dicono che tale usanza nacque nel XVI secolo, quando a Francesco I, re di Francia, venne donato un guscio d’uovo che conteneva un’incisione in legno della passione di Cristo. L’usanza si diffuse nella Francia del Re Sole al quale i cortigiani, la domenica di Pasqua, regalavano uova molto raffinate, dipinte dai maggiori pittori dell’epoca.
Ora che ho stuzzicato la vostra curiosità, mi piace immaginarvi lì pronti a chiedere: “ E chi realizzò le prime uova di cioccolato?”
Anche per questo risposta, dobbiamo tornare in Francia… Sembra che le prime siano state realizzate alla corte del re Luigi XIV, il Re Sole e che i primi esemplari non fossero vuoti come quelli che conosciamo noi, ma completamente ricolmi di cioccolato. Fu Francois Louis Cailler, noto come l’inventore della tavoletta di cioccolato, che nel 1819 a Vevey fondò il primo stabilimento svizzero, dove un macchinario particolare trasformava il cacao in pasta manipolabile. Egli aprì la strada all’inglese John Cadbury che nel 1875 avviò la produzione di uova di cioccolato in serie.
C’è chi sostiene che l’uovo di cioccolato vuoto sia stato invece un’idea nata in Italia all’inizio del ‘900, con i maestri cioccolatai torinesi. E questo non certo a caso: bisogna ricordare che a Torino, la tradizione del cioccolato era datata secoli! Dopo la scoperta dell’America, e l’arrivo di quella amarissima bevanda maya, era stata la moglie del duca Carlo Emanuele di Savoia, a portare nel XVI secolo il cacao a Torino. Lì, circa un secolo dopo, nacque la prima cioccolateria d’Italia.
Ma torniamo ora alla nascita dell’uovo di cioccolato a Torino, come l’ha ricostruita Mario Marsero, storico delle industrie dolciarie piemontesi, nel libro “Dolci delizie subalpine”. Lo studioso di dolcezze afferma che già nel 1725 la vedova Giambone, titolare di una bottega dolciaria nell’attuale via Roma a Torino, ebbe l’idea di riempire gusci svuotati di uova di gallina con del cioccolato liquido, mettendole in bella mostra in vetrina nel nido di una gallina…ruspante! Negli anni ’20 del XX secolo, la Casa Sartorio, sempre di Torino, brevettò un sistema per modellare con il cioccolato le forme vuote di stampi a cerniera. Già nel 1925 avvenne l’introduzione della sorpresa, in un primo momento si trattava di animaletti di zucchero o confetti, poi, via via, i regali si fecero sempre più particolari, costosi e anche preziosi.
L’uovo di Pasqua è un’usanza tipicamente italiana perchè nel Nord Europa e nei Paesi anglosassoni solitamente si preferisce il coniglio di cioccolato.
Ma questa è tutta un’altra storia, altro simbolo di cui vi parlerò…l’anno prossimo..
Prima degli auguri di rito, voglio dirvi due parole su un’originale creazione della mia provincia, anzi di un paese vicino al mio, Pizzighettone. Lì, negli anni 70/80 i gestori della famosa gelateria “Gran Bar Le Pailles”, i fratelli Angelo e Giuseppe Ziglioli, inventarono e brevettarono “L’Ovogelato”, cioè un uovo di cioccolato fondente ripieno del loro ottimo gelato. La produzione di questa golosità continua anche con la nuova gestione.
E ora? Basta e: “Buona Pasqua a tutti!”
Un ringraziamento a mia madre per la consulenza, ma soprattutto per avermi trasmesso la passione fin da piccolo per le tradizioni del passato e per aver tenuto vive quelle semplici di casa sua. Da segnalare che le ripropone regolarmente nelle ricorrenze che si succedono lungo l’anno…comprese le uova sode da mangiare il mattino di Pasqua!
AUGURI
Ps la foto sotto al titolo è la vetrina del negozio Sperlari in via Solferino a Cremona
Ps 2 Agli attenti lettori del Corriere, edizione di Milano di ieri 17 Aprile, non sarà certo sfuggito a pagina 15 l’articolo a firma Roberta Schira (anche lei cremonese!). Anche su ViviMilano si è parlato di uova curiose: potete leggere a pagina 24.
Ora chiudo veramente…
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