Chef, parola affascinante per definire una delle professioni più ambite nell’immaginario dei giovani alla ricerca di un futuro, anche grazie al boom di programmi di cucina, talent show culinari in primis.
Ho la fortuna di esser amico di Federico Dell’Omarino, che la sua scelta l’ha fatta ben prima che diventasse di tendenza. Giunto alla soglia dei quaranta, di strada ne ha compiuta parecchia, partendo da San Giustino, in provincia di Perugia, arrivando, poco più di due anni fa, al ristorante Seta del Mandarin Oriental, nel pieno centro di Milano, a due passi da Piazza della Scala.
Diplomato all’Istituto Alberghiero di Assisi, numerose e qualificate le sue esperienze in Italia e all’estero, ha avuto il merito di entrare a far parte dell’eccellente brigata dello chef Antonio Guida, con cui ha lavorato per una quindicina d’anni all’Hotel Il Pellicano di Porto Ercole,due stelle Michelin conquistate. Anni di grandi soddisfazioni, in cui non sono mancate anche importanti esperienze all’estero, in Paesi Europei ed Extraeuropei. E alla fine del 2014 l’approdo, appunto, nella metropoli lombarda. A un anno e mezzo dall’apertura, avvenuta nella tarda primavera del 2015, quindi a tempo di record, il Ristorante Seta vanta già due stelle Michelin.
Capirete che non potevo lasciarmi sfuggire questa bella occasione. Al di là della lunga e profonda amicizia che unisce le nostre due famiglie, c’è grande ammirazione nei suoi confronti, soprattutto da parte di mia madre che l’ha visto piccolo e ha seguito la sua crescita e le sue scelte, attraverso le parole piene di orgoglio dei suoi genitori. Ma, tornando a chi vi scrive, la mia ammirazione non va solo a Federico, perché ho avuto modo di conoscere anche lo chef Antonio Guida, persona oltremodo gentile e dal sorriso quasi timido, che si avvicina ai tavoli degli ospiti per verificare il gradimento dei piatti serviti e lo fa in modo semplice e con grande affabilità. E il pasticcere Nicola Di Lena? Gioviale e fantasioso, un artista, che sa come coinvolgere i cinque sensi dell’ospite con i suoi dolci da ammirare con gli occhi prima, con il palato poi. E il suo pane ha il profumo inconfondibile delle cose veramente buone.
Ma è ora di dare la parola a Federico Dell’Omarino, executive sous chef del ristorante Seta.
Quando e come hai capito che il tuo futuro sarebbe stato ai fornelli?
L’ho capito fin da ragazzo, quando osservavo mamma Ilva mentre cucinava. Rimanevo affascinato nel vedere i prodotti che si trasformavano in pietanze il cui profumo si spandeva in cucina stuzzicando l’appetito e i cui sapori erano vera delizia per il palato. Quasi una magia… Così, la scelta dopo la scuola media è stata semplice, quasi scontata: scuola alberghiera ad Assisi e lì ho avuto la conferma che quello era il mio futuro. Il mondo della cucina mi appassionava e affascinava.
Quali le maggiori difficoltà e i più duri sacrifici che hai incontrato lungo il cammino?
Sicuramente l’inizio è stato il momento più duro, perché capisci subito che è un lavoro che richiede molti sacrifici. Quando sei ragazzo, vedi gli amici che in estate, per Natale…vanno in vacanza, mentre tu sei sempre al lavoro. Quando gli altri escono a cena, tu sei dall’altra parte, perché tu in quel ristorante ci lavori. La passione, però, ti aiuta a superare anche i momenti più difficili.
E le esperienze più utili alla tua formazione e crescita, in Italia e all’estero?
Per quanto riguarda l’estero, mi piace ricordare la prima esperienza perché mi ha aiutato molto nella crescita personale: Londra, in un ristorante italiano di un amico di famiglia. Poi qui da noi, la più significativa è stata all’hotel Eden a Roma, dove ho conosciuto tanti professionisti che mi hanno fatto capire l’importanza di lavorar in una brigata e come trattare i prodotti. Infine, l’incontro con Antonio Guida è stato uno dei momenti più importanti, in quanto è la persona che mi ha trasmesso di più in cucina e che mi ha dato la possibilità di fare altre esperienze all’estero, come a Parigi (Hotel Bristol), in Spagna (Martín Berasategui ) e in tutta Europa: Svizzera, Inghilterra…
Sappiamo dalle interviste, rare per la verità, a chi Antonio deve i suoi successi. Tu a chi devi dire “grazie”?
Di sicuro devo dire un enorme grazie proprio ad Antonio, perché ormai c’è anche grande amicizia, oltre al rapporto professionale, e tutti e due inseguiamo lo stesso obiettivo, fare bene in cucina. E poi non posso non ringraziare anch’io la mamma per quanto detto prima.
Dopo tanti anni passati a soddisfare i palati di bella gente in vacanza con tanto tempo libero anche per sedersi a tavola, ora lavori in una città dove dominano lavoro e affari, e dove si è sempre di corsa. E’ stato facile inserirsi in una realtà tanto differente e competitiva?
Qui è totalmente diverso sia il modo di impostare il lavoro come lo stile di vita, per cui posso dire che la differenza sostanziale è che la clientela che viene qui lo fa esclusivamente per provare il ristorante e la cucina, mentre al Pellicano venivano per vivere l’hotel e la vacanza. Quindi c’è uno stress differente, senz’altro maggiore, perché la clientela è esigente e a Milano c’è una grande concorrenza che porta a sentire addosso la sensazione di non dover sbagliar mai. È stato comunque facile inserirsi, perché la compagnia Mandarin ci ha aiutato molto, dandoci una struttura importante, bella e ben fatta, proprio in centro a Milano e questo aiuta tanto. Inoltre, qui si è trasferita la struttura della brigata dal Pellicano e anche questo fattore ha contribuito ad un facile inserimento.
Il cielo dello staff di cui fai parte è pluristellato ( anche a Porto Ercole la guida Michelin vi aveva attribuite due stelle). Cosa significa questo riconoscimento per voi?
E’ un grande riconoscimento al nostro lavoro e sicuramente una cosa molto importante, perché è vero che lavoriamo affinché i clienti siano felici, però avere anche il riconoscimento di una delle guide più importanti, dà la conferma che stai lavorando bene.
Antonio afferma che i traguardi che raggiunge sono merito della “sua brigata” e dei suoi fedelissimi (tu, come sous chef, Nicola Di Lena, pastry chef). Quando avete cominciato a lavorare insieme? Come siete riusciti a costruire un rapporto così forte e vincente?
Abbiamo cominciato al Pellicano circa quindici anni fa. È stato molto spontaneo creare questo tipo di rapporto e, a questo riguardo, devo dire che Antonio è molto bravo nel relazionarsi con i collaboratori. Non è certo una primadonna, anzi mette al centro il gruppo e così è più facile che tutti diano il meglio e si raggiungano insieme risultati che fanno apprezzare la nostra cucina.
Qualcuno ha definito Antonio il “Matisse della cucina italiana” per “l’uso ardito del colore come pratica quotidiana”. Cosa volete trasmettere con il colore dei vostri piatti?
Il colore trasmette allegria, felicità. La natura stessa è colore.
Anche per quanto detto nella domanda precedente, capiterà anche da voi che molti fotografino le portate, anzi, si sentiranno obbligati a immortalare quell’armonia e tripudio di colori… Anche a te, qualche volta, come a Enrico Crippa ( chef del ristorante Piazza Duomo di Alba, intervistato su “La Stampa” il 4 Marzo 2017 n.d.a.) verrebbe voglia di dire “Mangi che si fredda!”?
Condivido pienamente, perché, per fare un esempio, è un po’ come andare ad un concerto e, anziché ascoltare la musica, concentrasi a riprendere. In questo modo, non ti godi appieno quella che è l’esperienza che stai vivendo. Per quanto ci riguarda, poi, noi cerchiamo di far sì che la portata dalla cucina arrivi in tavola nel modo migliore, alla temperatura giusta, perché per noi è importante che al nostro ospite arrivi il messaggio finale così come noi l’abbiamo pensato e creato.
Qual è il piatto che preferisci della tradizione lombarda e, in particolare, milanese?
Apprezzo i piatti classici come il risotto alla milanese, piatto semplice, ma geniale e d’inverno la cassoeula, che abbiamo rivisitato facendo un bottone tipo uno gnocco, farcito di cassoeula, con brodo di maiale e verza molto leggero, e delle ostriche. Abbiamo cercato di rendere un piatto della stagione fredda, tipicamente e volutamente pesante, più elegante e moderno. Più adatto agli inverni di oggi, alla vita di città e al suo ritmo.
Cosa pensi dei talent show culinari?
Penso che abbiano avvicinato tante persone alla cucina e questo è sicuramente un bene, in quanto si è creato un interesse riguardo alla ristorazione italiana. Poi però ritengo anche che siano delle finzioni televisive che spesso non hanno niente a che fare con la realtà, in quanto sempre televisione rimane ed il lavoro è un’altra cosa!
Antonio Guida è stato definito l’ “antidivo” e la sua “brigata” lo segue tenendo un profilo basso, ma alcuni cuochi oggi sono famosi come i calciatori, i cantanti, gli attori…e il mestiere di chef è diventato uno dei sogni dell’immaginario maschile. Cosa diresti tu seriamente a un giovane che vuole seguire la tua strada?
Deve sognare di diventare un bravo cuoco e non un cuoco famoso! Deve essere, inoltre, consapevole che la strada non è facile, come può sembrare dalla Tv. Non è facile, ma non impossibile: basta crederci!
Secondo una ricerca dell’università USA di Harward, però, quello di chef è uno dei dieci lavori più logoranti del mondo, tanto che il “male di vivere” colpisce molti stellati. (Corriere della Sera, domenica 7 Maggio 2017 n.d.a). Vi ho visto al lavoro qualche anno fa e ricordo che in cucina si respirava sì un’aria di grande impegno, ma anche di vera amicizia e di grande collaborazione. Comunque, tu cosa pensi dei risultati di questa ricerca?
Per me non è molto logorante, perché amo quello che faccio è quindi lo faccio volentieri, anzi, penso proprio che non riuscirei a fare altro.
Ci sono sicuramente lavori molto più logoranti, per esempio, dal mio punto di vista, stare tante ore davanti a un computer.
Altra voce critica sul mondo degli chef quella di Arrigo Cipriani che in un’intervista concessa ad Aldo Cazzullo ( Corriere della Sera, Domenica 14 Maggio 2017 n.d.a.) ha affermato, fra l’altro : “Con Marchesi è cominciata la decadenza. La nouvelle cuisine è uno dei frutti avvelenati del ’68…Queste nuove star (allude agli chef n.d.a.) stanno rovinando la cucina italiana, la più grande di tutte…” e prosegue con le sue critiche nei confronti di nomi altisonanti. Anche in questo caso, mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista.
Non credo che Marchesi abbia dato il via a un declino, ma semmai ritengo abbia cominciato un nuovo percorso della cucina italiana che sicuramente si avvicina allo stile francese, introducendo più studio e ricerca. Sicuramente oggi c’è tanto interesse per la cucina, anzi una sovraesposizione della cucina in generale. Comunque, ognuno è libero di fare quello in cui crede, nel rispetto sempre dei prodotti e del cliente. Sarà poi il tempo a fare l’opportuna selezione.
Cosa pensi dell’obbligatorietà di indicare sull’etichetta la provenienza di pasta e riso, dopo carne e latte?
La ritengo una cosa giusta, perché quanta più chiarezza c’è, meglio è, soprattutto a tutela del cliente. E’ un provvedimento veramente opportuno, non solo nell’ottica della valorizzazione dei prodotti nazionali, quanto della loro qualità, che è la cosa più importante.
Due parole sull’esperienza allo Stadium in occasione di Juve-Barcellona.
E’ stata una bella esperienza, soprattutto perché abbiamo cucinato per una partita così importante, molto probabilmente la più importante giocata finora in quello stadio. E si può dire che abbiamo anche portato fortuna e avremmo dovuto esserci anche alla finale… Inoltre, ci ha fatto piacere che Andrea Agnelli abbia voluto conoscerci. Si è dimostrato persona veramente gentile, ha apprezzato i piatti e ci ha ringraziato calorosamente. Fa sempre bene vedere riconosciuto il proprio lavoro e l’impegno profuso per la riuscita di un evento.
Per chiudere, un consiglio ai lettori del blog: venendo per la pausa pranzo al Bistrot, cosa si deve assolutamente assaggiare? E chi invece si vuole concedere una cena al Seta, cosa non si deve far mancare?
Al Bistrot, polpo arrosto con purea di patate e pistacchi: un piatto semplicissimo ma dal grande gusto. Al Seta consiglio sempre di fare un gran menù degustazione che fornisce la possibilità di conoscere a 360 gradi la nostra cucina.
Grazie, Federico, per il tempo prezioso che mi hai concesso! Auguro a tutta la brigata, ma soprattutto a te,ad Antonio e Nicola, che ho avuto il grande piacere di conoscere personalmente una sera di fine estate nella magica atmosfera dell’Argentario, buon lavoro e sempre nuovi successi. I vostri piatti sono un vero trionfo di colori, profumi e sapori, primo fra tutti quello della bella amicizia che vi unisce. L’ospite attento coglierà senz’altro l’appassionato lavoro di squadra che sta dietro a ogni vostro piatto, dalla ricerca attenta e scrupolosa di ogni singolo ingrediente, alle varie fasi di esecuzione, fino al risultato finale.
Cosa posso dire ancora a voi che mi seguite? Posso solo invitarvi a provare questa esperienza e posso assicurarvi che non ve ne pentirete.
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