Si è chiuso a Madonna di Campiglio il festival culturale “Mistero dei Monti “che anche quest’anno ha riscosso molto successo, ospitando personaggi illustri. Dopo avervi parlato del primo e terzo incontro, protagonisti Iacona e don Ciotti, ho scelto di relazionarvi su quello tenutosi il pomeriggio dell’11 Agosto: “Patria, patrie, patrimonio” il titolo dell’evento che ha avuto come grande protagonista Gian Antonio Stella, famoso scrittore e giornalista del Corriere della Sera. Nel presentarlo, Roberta Bonazza, che ormai tutti conoscete come ideatrice della kermesse insieme al fratello Giacomo, ha sottolineato che “(Stella) Non ha mai dimenticato i diritti civili, denunciando realtà che spesso non riusciamo a vedere in tutte le pieghe… in questi ultimi anni soprattutto si è dedicato agli spostamenti, alle migrazioni e ci porterà in viaggio con lui ricordandoci sempre che, nonostante i cambiamenti di luogo, la terra rimane sempre un patrimonio da conservare.”
L’illustre ospite è entrato subito nel vivo del tema, citando alcuni esempi (Mussolini, Hitler, Stalin, Mao, Milosevic), tutti all’inizio ugualmente sottovalutati, per poter sostenere che “Il patriottismo è una brutta bestia se si maneggia male” e ha citato numerose battaglie combattute da italiani contro altri italiani, spesse volte anche nella stessa regione “a Castel Bolognese c’è il Rio sanguinario, un fiumiciattolo chiamato così perché sono state combattute almeno sei battaglie pazzesche tra italiani; la battaglia della Meloria fra le repubbliche marinare di Genova e Pisa fece il doppio dei morti della guerra in Iraq; la Battaglia di Montaperti si combatté tra senesi e fiorentini… Qualcuno oggi parla del popolo veneto come di un popolo compatto, ma dimentica il massacro feroce che vide vicentini contro vicentini…” Lo scrittore conclude chiedendosi con amarezza” allora ti domandi qual è la patria?!” e ha ricordato che “ Cristiano Lobbia, il primo deputato ad aver avuto il coraggio di denunciare un grande scandalo nel 1868 (lo Stato italiano cedette per vent’anni la gestione dei tabacchi ad una società privata che riconosceva alle finanze una certa percentuale sulle entrate e anticipava alle pubbliche casse 180 milioni di lire ), diceva di avere una piccola patria, Asiago, poi una patria più grande, Venezia, poi una ancora più grande, l’Italia, e, come dimostrò andando con Garibaldi a soccorrere i francesi, una patria ancora più grande, l’Europa. Questo per far capire che c’è un sovrapporsi di patrie e, come spiega bene il grande Magris, l’identità autentica assomiglia a delle matrioske ognuna delle quali ne contiene un’altra… E perché non ricordare che i nostri nonni andavano in America, conoscendo e rimpiangendo solo la patria più piccola, i piccoli paesi, non l’Italia e l’Europa. “
Stella ha, poi, citato un caso emblematico di un nostro connazionale in Francia : “Quando a Sedan il 1 Settembre 1870 Napoleone si arrende a Guglielmo di Prussia, a Parigi scoppia la rivolta e viene proclamata la Repubblica. La proclamazione viene fatta da Leon Gambetta, figlio di un immigrato italiano, francese da undici anni… Lui si sentiva più francese dei francesi ed è diventato il fondatore della Francia moderna. Oggi, infatti, tutta la nazione transalpina lo ricorda ed è un pullulare di vie e piazze intitolate a questo italiano.”
Parlando di un’altra componente della patria, la lingua, il giornalista si è detto convinto che ” l’accumularsi di lingue è una ricchezza… E i dialetti sono una cosa bellissima, ma non vanno strumentalizzati, come accade, per esempio, con i cartelli bilingue… il dialetto va studiato e va preso sul serio, a differenza di ciò che hanno fatto politici famosi, come il governatore del Veneto, Luca Zaia, e l’ex sindaca di Milano, Letizia Moratti…che li hanno maltrattati, con invenzioni linguistiche.” Stella ha argomentato “Un linguista inorridisce, sbianca e sviene perché non si può maltrattare così una lingua di lunga tradizione, inventandola… ” Passando ad un altro aspetto, lo scrittore ha evidenziato tristemente che “il Risorgimento è stato il periodo più importante della nostra storia, ma abbiamo dimenticato Daniele Manin, i fratelli Bandiera, Ippolito Nievo, il motto Viva Verdi sui muri, il Nabucco, preso come inno per altre cose che non c’entrano assolutamente… E Pontida? Da una cronaca dell’Ottocento si viene a sapere che tanti anni fa era piena di tricolori e ci andò anche Garibaldi nel 1859.” A questo punto il giornalista ha sottolineato il radicale cambio di atteggiamento verso questo illustre personaggio : “…fu considerato un mito, osannato come un santo sull’altare, pur essendo un mangiapreti, uno che aveva offeso il Papa in Parlamento, come nemmeno Pannella ha mai osato fare. Gli fu persino offerta la guida dell’esercito americano del nord e nacque la guardia Garibaldi che sfilò di fronte al Presidente Lincoln, insomma, un idolo anche in America. Da qualche anno, invece, si è passati alla demolizione di Garibaldi da una parte del nord, ma anche da una parte del sud con cartelli contro di lui e richieste di togliere le sue statue dalle piazze. Ma un popolo – si chiede amaramente il protagonista del pomeriggio – che non ha un po’ di rispetto per la propria storia, dove va?”
Stella è convinto che ”non aver affrontato subito la questione meridionale sia stato un errore tragico fatto dai piemontesi soprattutto, ma dal nord in generale. Così succede che ognuno ha la sua storia, i suoi libri dove ognuno può raccontarla dal suo punto di vista. Da una cartolina dell’epoca, per esempio, si scopre che il Regno delle due Sicilie era la terza potenza mondiale! Ma davanti a chi stava questo magico Regno? Davanti forse all’impero francese, inglese, cinese, austro-ungarico, americano, spagnolo? Perché raccontare queste sciocchezze? Per raccogliere un po’ di voti, purtroppo… Ma anche per l’altra parte, il Nord – la doverosa precisazione del giornalista- si può fare lo stesso discorso, sia chiaro. Per esempio, la Lega sostiene che il sole delle Alpi sia un simbolo padano, ma si può dimostrare che non era presente solo in Lombardia, ma anche in Toscana, Umbria e, fuori dall’Italia, in Romania, Arabia e Tunisia… Che senso ha raccontare certe storie ?”
Lo scrittore è passato, infine, a parlare del patrimonio, iniziando con una citazione di Benedetto Croce del 1922 contenuta nella relazione per la prima legge di tutela del paesaggio: “Il paesaggio altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della patria, coi suoi caratteri fisici particolari (…), formati e pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”.
Constatazione amara anche in questo caso, perché “se il paesaggio è il volto della patria, siamo messi male, basti pensare a come sono, o meglio non sono, tenuti certi palazzi storici in tutte le regioni, da nord a sud. Emblematici gli esempi della reggia di Carditello (creata nel 1744 da Carlo di Borbone, sorge a Santammaro, Caserta, nell’area nota come terra dei fuochi. Faceva parte di un gruppo di siti appartenenti alla dinastia reale dei Borboni e non erano dedicati solo allo svago e alla caccia. In essi spesso si sperimentavano nuove tecniche e nuovi prodotti agricoli: a proposito di Carditello, la mozzarella fu creata per la prima volta in una fattoria di questa località nda). Tale reggia è stata per anni e anni saccheggiata dai casalesi che si sono portati via tutto, compreso l’allarme! Al Nord c’è il castello dei Visconti a Cusago, a pochi chilometri da Milano, quello preferito da Ludovico il Moro, una meraviglia. E anch’esso lasciato decadere.” Per questo: “Bisogna dire grazie al FAI che si occupa della tutela dell’arte del nostro Paese.”
Stella non può chiudere senza parlare di Venezia, iniziando con un’ammissione: “Anch’io non avevo idea di cosa fosse per il resto del mondo. Poi, grazie al libro di Settis su Venezia (Se Venezia muore nda), mi sono accorto che la città veneta è stata riprodotta in varie altre località del pianeta. E noi – si chiede e chiede al pubblico attento – che abbiamo l’originale, come la trattiamo? Lasciamo che i turisti facciano le cose peggiori in centro come in periferia.” Per chiarire il suo pensiero, e perché a nessuno venga il dubbio che stia esagerando, fa passare sullo schermo alcune fotografie che dimostrano chiaramente lo scempio che si compie ogni giorno nella città lagunare.
Poi, immaginando l’obiezione che qualcuno potrebbe fare: “Perché non parliamo delle cose belle? Perché parlare di queste?” risponde con le parole straordinarie di Curzio Malaparte “la peggior forma di patriottismo è quella di chiudere gli occhi davanti alla realtà, e di spalancare la bocca in inni e in ipocriti elogi, che a null’altro servono se non a nascondere a sé e agli altri i mali vivi e reali… E non si dica che l’Italia è talmente avvilita che non può sopportare la verità e ha bisogno della menzogna per vivere e sopravvivere. Se non sopporta la verità, se ne vada al diavolo. Non so che farmene di una patria che non sopporta la verità.”
Lo scrittore si serve ancora di Malaparte “Che ce ne facciamo di una patria così? L’unico modo per difenderla è raccontare le cose che non vanno, né vale la scusa che i panni sporchi si lavano in famiglia. Un popolo sano e libero, se ama la pulizia, i panni sporchi li lava in piazza!”
E Stella conclude affermando con orgoglio: “E’ quello che ho cercato di fare anche questa stasera, proprio per amore di questo Paese meraviglioso, che troppe volte dimentichiamo di custodire come merita!”
Dopo molti e convinti applausi del numeroso pubblico, c’è stato spazio anche per qualche domanda. Rispondendo alla signora che faceva notare come noi italiani non diamo certo il buon esempio ai nostri ospiti, lo scrittore si è detto convinto che “mai come nel caso di Venezia vale quello che teorizzò Giuliani, ex sindaco di New York: l’esempio deve venire prima di tutto dai cittadini. Per esempio, il capoluogo del Veneto non può avere dodici bagni pubblici, nove nel centro storico e tre distribuiti a Murano, Burano e Torcello ed essere priva di cestini dove buttare i rifiuti con 28 milioni di presenze annue…”
Stella aggiunge anche un’altra cosa: “E’ passata un’idea inaccettabile, anche a causa di un titolo del New York Times che ha definito Venezia la Disneyland sul mare descrivendo una città stravolta dai turisti e soffocata dal degrado. Così, ci sono stranieri che arrivano, pretendono di far ciò che vogliono soltanto perché pagano, pensando che la città lagunare sia veramente un parco divertimenti dove tutto è concesso. Ma a Disneyland, se fai una cosa sconcia, ti arrestano.”
In risposta all’ultima domanda, il poco amore degli italiani nei confronti del tricolore, Stella ha colto l’occasione per fare una giusta osservazione: ”Non è solo la Lega ad aver stravolto il tricolore, perché bisogna ricordare che il PCI aveva sì come simbolo il tricolore, ma era dietro la bandiera comunista. Un po’ di colpa è anche della Chiesa, che ha sempre osteggiato il Risorgimento italiano… Ha contribuito anche il fascismo, in quanto ha trasformato il sentimento nazionale in qualcosa di muscolare, guerresco e bellicoso. Certo è che andare a ricostruire questo sentimento è complicato, ma bisogna provarci”.
E bravo Stella. Con quella sua aria bonacciona, con il suo eloquio dalla cadenza dialettale volutamente marcata, porta un pubblico numerosissimo a seguire il suo intervento e a condividere calorosamente molti passaggi.
Mi sembra davvero superfluo aggiungere altro. Vi invito, se mai, a riflettere e a documentarvi maggiormente su alcuni punti. Per il bene delle nostre piccole patrie, della nostra Patria e del ricco suo patrimonio.
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