Prosegue il mio invito a non mandare il cervello in vacanza, prendendo lo spunto dal festival culturale “Mistero dei monti” di Madonna di Campiglio.
Dopo il primo evento con Iacona ed il secondo con lo scrittore Brizzi, il terzo, tenutosi mercoledì 9 Agosto, è stato dedicato al tema della legalità. Come ospite è stato a ragione invitato Don Ciotti, che ricordo essere il fondatore del gruppo Abele, per la lotta alle tossicodipendenze, e di Libera contro le mafie.
Prima di lasciare la parola all’ospite e al suo interlocutore, il teologo Marco Vergottini, c’è stato il saluto del Sindaco di Pinzolo, Michele Ceraghini, che ha ringraziato gli ideatori per la scelta dei nomi e il relatore per aver accettato l’invito, definendolo “uomo di spessore e vicino agli ultimi ” e dicendosi “curioso di ascoltarlo per le emozioni che saprà far provare”. L’Assessore del Comune di Tre Ville per Madonna di Campiglio, Tullio Serafini, ha parlato di “ottima occasione per sentire una persona che ha cose importanti da dirci e che ci gratifica con la sua presenza”. Ha preso infine la parola Giacomo Bonazza, uno degli ideatori della kermesse, che ha spiegato: ” Abbiamo voluto con grande convinzione l’appuntamento di oggi, lo slancio della legalità…Qualcuno aveva pensato alla chiesa, come sede dell’evento, ma Don Ciotti è qui anche come testimone civile e politico, come lo è il suo slancio, non solo etico e spirituale.” (Scelta condivisa dal Parroco di Campiglio, Don Romeo Zunin, come ha dimostrato la sua presenza in sala n.d.a.)
Il membro dell’APT ha sottolineato, richiamandosi alla festa della trasfigurazione appena celebrata, che “Salire per scendere, titolo di uno dei libri scritti da Don Ciotti, è la metafora della sua vita: viene da Pieve di Cadore ed è, quindi, un uomo delle Dolomiti come noi. Nel 1950 da quelle montagne è partito, per approdare a Torino affrontando le mille difficoltà di una metropoli. Nel 1965 ha fondato il gruppo Abele e nel 1995, proprio trent’anni dopo, ha fondato Libera… Consideriamo Don Ciotti guida autorevole dentro questa Italia che ha molto bisogno di figure come la sua dal punto di vista socio politico.”
Marco Vergottini ha iniziato con un omaggio al luogo: “Forse Madonna di Campiglio non sarà la regina delle Dolomiti, ma ne è la principessa, vista l’illustre presenza di Sissi , e a noi le principesse piacciono molto di più delle regine.”
Don Ciotti, da parte sua, ha ringraziato ” molto per la generosità del vostro invito, ma vi devo subito dire che l’unica laurea che ho è in scienze confuse; vi porto quello che sento dentro, con i miei limiti, la mia tanta gioia e passione, nella consapevolezza che è il noi che vince. Ogni conquista non è opera di navigatori solitari, ma per vincere è necessario unire le forze oneste, offrendo ciascuno il proprio contributo. E se trovate qualcuno che vi dice di sapere tutto, vi prego di salutarmelo, ma poi vi consiglio di cambiare strada.”
Parlando delle sue origini, ha sottolineato che: “non posso dimenticare lo strappo dalle montagne, con i sacrifici fatti dai miei genitori. Ma sono consapevole che ognuno di voi penso potrebbe portare la sua testimonianza… Torino fu città difficile, ma anche generosa … mio padre aveva trovato un lavoro, ma non una casa e l’impresa gli propose come sistemazione una baracca all’interno del cantiere in cui lavorava, cantiere per la costruzione del nuovo Politecnico. Ma per il fatto stesso che si stava in una baracca, si veniva etichettati: storie di ieri che si ripetono oggi. Ecco perché bisogna sempre distinguere, per non confondere e adempiere al dover di far emergere le cose belle in mezzo alle cose brutte… “. Don Ciotti ha poi proseguito con i ricordi, raccontando un episodio della sua vita molto importante “ La vita, poi, ti cambia e per me la svolta è stata a diciassette anni, età meravigliosa, fatta di fragilità ma anche di sogni, di luci e contraddizioni. Penso sia capitato anche a voi di vedere le sofferenze in altre persone e fu così che, andando a scuola, dal tram vedevo ogni giorno un signore sdraiato su una panchina… Decisi di conoscerlo e scoprii che era un medico. La tempesta nella vita può arrivare improvvisamente, per esempio con una tragedia,la morte di una persona cara ed era così che lui era finito a fare il barbone, evitato da tutti, ma avvicinato da un ragazzino di diciassette anni…In quegli anni-ha ricordato il sacerdote- non si parlava di droga comunemente, ma quel signore mi rivelò che nel bar vicino alla sua panchina le persone si facevano le “bombe” e mi chiese di fare qualcosa per loro. Una mattina quella panchina la vidi vuota, il mio amico era morto. Ma io ho sentito che quell’incontro era diverso dagli altri che avevo avuto, perché ci sono incontri che cambiano la vita e i suoi percorsi. E così è stato anche per me, con i miei limiti e le mie fragilità.” Don Ciotti spiega, quindi, perchè quell’incontro è stato decisivo:” Da lì è nato il gruppo Abele, col quale continuo a vivere con i poveri, con gli ultimi. Con l’arrivo dell’eroina, anni dopo, è arrivata una vera tragedia e insieme la mia battaglia politica, come servizio per il bene comune, per aver i Sert . (Servizi per le tossicodipendenze . Sono servizi pubblici del Sistema Sanitario Nazionale per la cura, la prevenzione e la riabilitazione delle persone dipendenti dalle droghe. N.d.a.).C’è un ruolo politico, infatti, che appartiene a tutti e lo si svolge mettendosi in gioco per il bene comune all’interno delle nostre realtà… Poi è arrivato l’AIDS e ci è stato chiesto di metter insieme altri pezzi, altri noi per accompagnare le storie, le fatiche, le speranze di tante persone da seguire.”
A questo punto, Vergottini ha chiesto a Don Ciotti di spiegare la sua posizione di uomo di Chiesa e di cittadino attivo: “Si sale su una montagna per poi scendere, ma quando si è in cima si vede lontano, oltre… E il primo modo di scendere, ho sempre pensato, è anzitutto nella propria coscienza, guardandosi dentro. Abbiamo bisogno di fermarci per guardarci dentro, per vedere le contraddizioni, ma anche le cose belle… Vi voglio dire una cosa che mi sta profondamente a cuore: per me è importante saldare la terra con il cielo. A tal proposito, ho due grandi riferimenti che mi hanno sempre accompagnato: innanzitutto il Vangelo, pur avendo iniziato che non ero sacerdote, e poi la Costituzione Italiana.” E Don Ciotti chiarisce questo concetto: “Questo perché nel Vangelo c’è molta politica, intesa come servizio per il bene comune, che significa dare la libertà, la dignità, la vita per le persone. C’è politica nel Vangelo quando si denunciano i soprusi, le violenze, le ipocrisie. E, d’altra parte, c’è molto Vangelo nella Costituzione, laddove essa stabilisce l’uguale dignità delle persone e il loro diritto a vivere in pace e giustizia. Amo la Chiesa che ci invita a guardare verso il cielo senza distrarci dalle responsabilità che abbiamo verso la terra. È questo che cerco di fare ogni giorno. Non sempre ci riesco, ma credo profondamente di impegnarmi a farlo, con i miei limiti e sono felice di spendere la mia vita in questo servizio nella chiesa e di portare il mio piccolo contributo come cittadino, affinché crescano tanti altri cittadini.”
Don Ciotti ribadisce il concetto già espresso all’inizio della conversazione, nella convinzione che sia oggi più che mai importante: “Ogni incontro ti lascia sempre qualcosa; le persone si incontrano e i problemi si affrontano, non viceversa! Purtroppo, siamo in una società dove si corre il rischio di affrontare le persone, ma io ho capito che bisogna sempre mettersi nei panni degli altri. Oggi ho il privilegio di capire il disagio, perché l’ho provato da piccolo alla elementari.”
Il sacerdote sostiene che “Siamo noi adulti che ci fermiamo alle apparenze e io sento la responsabilità verso i giovani che devono essere aiutati a capire, a saper distinguere, a non appiccicare facili etichette…Se c’è un grave peccato, oggi è il peccato del sapere, perché c’è mancanza di umiltà. Io devo dare una mano a prender coscienza delle responsabilità…La mia porta è aperta a tutti con la stessa forza e la stessa intensità e la povertà, di cui parlo, non è solo materiale, ma è anche la mancanza di senso, di significato della vita. Tante persone hanno tutto, ma sono disperate dentro e la droga colpisce tutti gli strati sociali. Auguro a tutti di riempire la vita di vita, di senso, di significato, e di non lasciarsi vivere perché a volte rischiamo di essere travolti da cose che ci impoveriscono”
A proposito di incontri importanti, non può mancare il ricordo di quello col Pontefice. “Quando ho incontrato per la prima volta Papa Francesco, eletto da pochi mesi, avevo pensato a lungo cosa portargli in dono, e alla fine avevo scelto di offrirgli un pacco di caffè acquistato in una torrefazione piemontese, in quanto i suoi nonni provenivano dalla mia stessa regione. E lui, dopo averlo provato, scrisse al negozio per complimentarsi, recuperando nome e indirizzo dall’adesivo sul pacco del caffè! La seconda volta – ha aggiunto sorridendo –gli ho portato due pacchi. Questo per dire che a volte non servono tante parole o gesti importanti, ma bastano piccoli segni, gesti semplici…a volte basta guardare a viso aperto una persona che vive un momento difficile per aiutarla.”
Su Papa Francesco rivela un altro aneddoto interessante :” Molto attento, sapeva già tutto su di me e era anche informato sul fatto che il vescovo che mi aveva ordinato, era lo stesso che aveva aiutato i suoi nonni quando erano partiti per l’Argentina. È la storia che fa strani collegamenti ! ”
A questo punto, Don Ciotti viene invitato ad esprimere una sua riflessione sull’ambiente e parte proprio citando Bergoglio: “Papa Francesco ci ha donato l’enciclica Laudato si’, una meraviglia. Sua Santità sostiene che bisogna ascoltare il grido della terra e parla di ecologia integrata, di disastri ambientali e disastri sociali, sostenendo che non sono crisi diverse, ma un’unica crisi socio-ambientale. Io non ho nessun titolo, ma sento, studio e mi documento sul grido della terra. E quando si parla del problema dell’acqua, ad esempio, non possiamo rimanere spettatori, ma dobbiamo pore domande e interrogare le coscienze di chi ha responsabilità, ma anche tutti insieme fare delle scelte. Francesco ribadisce continuamente il concetto che il mondo è un ecosistema, per questo bisogna agire su una parte, senza che le altre ne risentano. La terra grida, ma per saperla ascoltare occorre una sensibilità che abbiamo in gran parte perduto e che oggi più che mai dobbiamo recuperare. Non dobbiamo temere di bussare alla porta di chi ha il dovere di fare, per chiedere conto di cos’ha effettivamente fatto.”
Naturalmente, non si può non dialogare Don Ciotti e non parlare delle mafie. Su questo argomento è partito da un particolare ricordo: “Vi devo dire che due mesi prima della strage di Capaci, mi sono trovato a Gorizia con Falcone a un corso di formazione della polizia di stato sul tema delle dipendenze… Al termine del corso ci siamo salutati – continua don Ciotti con evidente rammarico pur se a distanza di anni- dandoci un appuntamento che poi non ci fu“. Prosegue ricordando ancora :” Guardate come sono i segni della vita e come sono importanti : il giorno della strage di Capaci, ero in Sicilia a tenere un corso di formazione per insegnanti ancora sul tema delle dipendenze. E 57 giorni dopo ero a Palermo…E’ davanti a questi segni che uno si ferma e si guarda dentro, prende coscienza dei propri limiti, perché ci si sente piccolo rispetto alla complessità di ciò che lo circonda, ma sente anche che è necessario con umiltà imparare ad aver coraggio, a mettersi in gioco e costruire reti. Perché il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi, ognuno è chiamato a fare la sua piccola parte e la prima dimensione fondamentale è la conoscenza.”
Ha poi proseguito, sempre dialogando con Vergottini, con una doverosa precisazione: “Oggi le associazioni mafiose ammazzano di meno; ci sono, infatti, solo due luoghi dove si continua ad ammazzare: Napoli, con la ferocia delle mini bande, e Foggia, con 270 omicidi ( gli ultimi proprio di questi giorni), di cui pochi hanno fino ad oggi parlato e di cui tanti hanno la responsabilità. Si tratta della mafia del Gargano in quella splendida terra che è la Puglia. E non è la Sacra Corona Unita, è un qualcosa di nuovo.” Il fondatore di Libera ha aggiunto, citando il rapporto della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia), “Le mafie hanno fatto una scelta che negli ultimi rapporti della direzione distrettuale antimafia si definisce sconcertante: hanno scelto una strategia di lungo respiro e il metodo corruttivo che si basa sulle infiltrazioni negli appalti pubblici, nei servizi. Infiltrazioni sempre più agevolate da collegamenti stretti con la politica e il mondo imprenditoriale. Di Cosa Nostra si dice che è capace di mettere in atto una permanente e molto attiva opera di infiltrazione in ogni settore dell’economia finanziaria. ” Don Ciotti sottolinea che: “a tal proposito, nel rapporto c’è una frase significativa nella sua drammaticità: Cosa Nostra infetta la cosa pubblica. Il metodo corruttivo ha progressivamente sostituito omicidi e azioni di fuoco, con la violenza relegata a extrema ratio… Il rapporto dice nelle prime righe che, nonostante arresti e condanne, le mafie stanno benissimo, la n’drangheta soprattutto. Il 2016 è stato un anno di successi investigativi e processuali, ma le mafie storiche non sono in crisi e cambiano pelle per adattarsi ai vuoti provocati dagli arresti e dalle condanne e alle modificazioni dei mercati… ” Evidenzia, però, anche un fatto positivo:”a proposito della n’drangheta calabrese, la più forte, la più potente, la più internazionale, devo dire grazie alle forze di polizia, al procuratore della Repubblica, Cafiero de Raho, di cui peraltro non si parla quasi mai, perché hanno scoperto il nuovo sistema della n’drangheta, la sua nuova organizzazione guidata non più da capi militari, ma da professionisti, pubblici funzionari, deputati, senatori via via arrestati.” Il prete antimafia ha proseguito sostenendo che: “Bisogna fermarsi, riconoscere i passi in avanti che sono stati fatti, altrimenti non saremmo qui, e cogliere che siamo in un momento di fragilità. Le mafie sono forti quando la politica è debole e la democrazia pallida. Nel rapporto ci sono due passaggi che vi consegno: si parla di minaccia eversiva in ragione della sua capacità di contaminazione…, e democrazia scippata, in quanto questo nucleo della direzione strategica in Calabria ha deciso tutte le elezioni svoltesi in quella regione dal 2001. Si tratta di una pianificazione per garantire organizzazione, appalti, scelte politiche e strategiche.”
A questo punto Don Ciotti ha richiamato l’attenzione dei presenti su un fatto molto importante: “Tocca anche a noi, incoraggiare, sostenere quanti sono impegnati nella lotta per combattere questa piaga, cogliere con lucidità che oggi più che mai mafie e corruzione sono le le due facce della stessa medaglia e che non c’è regione che ne sia esente. Loro acquistano, hanno tanto denaro, penetrano in ogni settore. Uno dei più importanti è l’agroalimentare con ristoranti, pizzerie… poi certo l’economia, la finanza. ” Il prete antimafia è convinto che: “dietro a queste storie ci sta la fragilità delle persone, l’impoverimento della società, la privazione di tante cose. Le mafie ormai sono diventate, cito ancora il rapporto, autorità pubbliche in grado di governare i processi dell’economia. L’uso stabile del metodo corruttivo da parte delle associazioni mafiose determina l’acquisizione in capo alle mafie dell’autorità pubblica. Don Ciotti constata con amarezza: “il rapporto, di cui vi sto parlando, è un rapporto serio, con degli atti chiari, ma non se ne parla o lo si fa in modo sbrigativo. Richiamo un altro passaggio, là dove si dice che le mafie sono in grado di indirizzare investimenti pubblici. E’ sempre state un po’ così, ma ora hanno nuovi strumenti e una nuova arma, la corruzione. E’ la stessa organizzazione mafiosa che avendo acquisito le capacità e i legami politici individua il settore e quindi indirizza la spesa pubblica” Comunque, “Mai generalizzare, mai semplificare, ma piuttosto prendere atto delle positività . E, se c’è uno che alza la voce in questo silenzio, è Papa Francesco e, prima ancora di lui nel 1984, Carlo Maria Martini a Milano.”
Vergottini interviene per dire che anche il suo pensiero era andato al discorso dell’allora arcivescovo di Milano. Per chiudere, ha poi chiesto al protagonista del pomeriggio campigliano come viva la tensione tra la fede e l’impegno sociale e Don Ciotti cita Don Tonino Bello che diceva – “Non interessa sapere chi sia Dio, basta sapere da che parte sta. E se noi preti sapessimo mostrare con scelte comunitarie e personali che Dio sta dalla parte degli ultimi, il sogno di cieli nuovi e di terre nuove diventerebbe presto gaudiosa realtà ….” Ha poi aggiunto: “Sono innamorato di Dio e cerco di stare da quella parte e saldare la terra col cielo. Importante attingere dalle radici; il vescovo che mi ha ordinato sacerdote mi ha mandato a imparare, a riconoscere il volto di Dio in chi fa più fatica, in chi è alla ricerca di qualcosa. E’ anche possibile cercare le persone per incontrare Dio; mi servo delle parole di Don Milani che disse – Se la vita è un dono di Dio, non va buttata via e buttarla via è un peccato. Il tempo è poco e, quando è passato, non torna.- E’ un invito anche per me, a non sprecare il tempo. Dobbiamo farcelo amico il tempo, perché abbiamo solo questa vita per amarci, per incontrarci.”
Infine, don Ciotti è tornato a parlare di Libera “presente in tutto il mondo, tanto che Papa Francesco la conosceva già prima di diventare Pontefice, perché Libera è una rete in cui si sono messe insieme tantissime persone e bisogna interagire anche con le università, strumento di conoscenza. Aveva ragione Falcone nell’affermare che la lotta alla mafia è una lotta di legalità, una lotta di civiltà. Abbiamo tanto parlato di legalità e poco di civiltà, che significa anche costruire lavoro. Questa lotta di civiltà dobbiamo farla nostra.”
Il prete “a modo suo”, come l’ha definito Vergottini, ha chiuso con un’importante riflessione cui tiene molto:” Dobbiamo stare attenti, vi prego, a non fare della legalità un idolo, perché è ormai diventata una bandiera che tutti sventolano, ma in verità hanno scelto una legalità malleabile. La legalità vera, invece, è lo strumento per raggiungere un obiettivo che si chiama giustizia, fondamentale per lo sviluppo umano… ” Don Ciotti ha citato un altro suo illustre collega: “Siamo qui per non dimenticare quanto disse Don Sturzo già nel 1900 – La mafia ha i piedi in Sicilia, ma la testa a Roma. E la mafia risalirà fino ad andare al Nord, oltre le Alpi.- Tanto ancora resta da fare e, ancor prima della legalità, bisogna educarci alla responsabilità. Al Festival del Cinema di Venezia di quest’anno sarà presentata una pellicola sorprendente su Don Milani che è stata recuperata, integrata con testimonianze e arricchita con letture. Non sarebbe male che la gente la conoscesse, ora che anche il Papa è andato sulla sua tomba sua e su quella di don Mazzolari, profeti che hanno pagato un prezzo alto per la loro fede”. (Alla Mostra di Venezia verrà proiettato, fuori concorso e in prima mondiale, un documentario-evento “Barbiana ’65, la lezione di Don Milani nda).
Anche stavolta l’argomento è impegnativo, lo riconosco, ma al tempo stesso, è molto importante. E’ necessario che si parli di mafia, come ebbe a dire Borsellino: “ Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in TV, sui giornali. Però parlatene!”
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.