Volutamente ho lasciato passare la Festa della Donna, convinto che ogni giorno dell’anno sia giusto per parlare dell’universo femminile. Così, sono qui a parlarvi di un evento cui ho partecipato e che ha avuto come tema centrale proprio la figura femminile.
Lunedì 27 Febbraio a Milano, nello spazio eventi del Mondadori Megastore di Piazza Duomo, si è svolta la presentazione di “Com’è giusto che sia”, l’ultimo libro di Marina Di Guardo. Oltre all’autrice, sono intervenuti Marina Speich, giornalista della rivista “Grazia”, e Gian Paolo Serino, critico letterario e fondatore del blog “Satisfaction”.
Dopo i saluti di rito, si è entrati nel vivo dell’evento e, sollecitata da Marina Speich, la Di Guardo ha rivelato che la sua passione per la scrittura è cominciata molto presto. “Tutto è iniziato con un tema scolastico, quello dell’esame di terza media, apprezzato dalla professoressa che l’ha fatto leggere a tutto l’Istituto. Dalla forte emozione provata, ho capito che la scrittura è davvero una grande forma di comunicazione.”
L’autrice è quindi passata a parlare della sua opera: “storia di una ragazza molto intelligente, Dalia, che vive a Milano e studia in Statale. Nata da una ragazza madre, è cresciuta in un contesto difficile, in seguito ad una violenza subita dalla madre ad opera dell’uomo cui si era legata. La madre da quel momento ha perso ogni interesse per la vita e Dalia ha via via sviluppato rabbia e dolore uniti a un sentimento di rivalsa sugli uomini.” L’autrice ha riferito un particolare interessante: “ Il romanzo tratta, appunto, della violenza sulle donne, da cui si sviluppa un rapporto madre-figlia molto difficile, con un capovolgimento dei ruoli. Ebbene, ho scoperto che molte lettrici si sono identificati nella protagonista, pur non essendo certo un’eroina da seguire”. E, a tal proposito, la scrittrice ha aperto una parentesi autobiografica, parlando del rapporto tra lei e le sue tre figlie: “Ci adoriamo, ma ogni tanto litighiamo ed è anche giusto che sia così, perché non credo ai rapporti in cui va tutto bene ed è tutto idilliaco…Talvolta può succedere che tra madre e figlia si crei un rapporto “tossico”. Purtroppo non ci sono regole, bisogna amare tanto e ricordarsi che la madre deve fare la madre e la figlia la figlia. Nel libro, invece, la figlia diventa madre dopo l’aggressione subita da quest’ultima. Questa non è mai una cosa giusta, perché ognuna deve mantenere il suo ruolo.”
A questo punto, la giornalista di Grazia ha chiesto all’autrice come nascono i suoi libri e la Di Guardo ha spiegato che “tante volte sono sensazioni, idee che nascono piano piano e si sviluppano. Il mio primo libro, invece, è stato scritto in maniera istintiva, perché non ho mai frequentato una scuola di scrittura.” L’autrice ha, però, precisato che in seguito ha capito che “bisogna avere un minimo di disciplina. A tale consapevolezza sono giunta grazie anche all’aiuto di veri scrittori che mi hanno consigliato e mi hanno fatto capire l’importanza di scrivere una traccia e di seguire un filo logico e di tenere sempre presente che nel finale ci deve essere il significato della storia. Penso sia importante seguire i consigli di altre persone e, a tal proposito tengo in massima considerazione i pareri delle mie figlie”.
Ha preso, poi, la parola Gian Paolo Serino il quale ha dichiarato “di esser rimasto folgorato dalla lettura di questo libro, perché Marina Di Guardo ha aperto una via nuova al noir italiano con una scrittura ipnotica e l’opera si può leggere secondo diversi registri narrativi”. Il critico ha sottolineato che “è stato folgorato, perché un libro così non è mai stato scritto. Questo, però, devono ancora capirlo e ne ho la conferma dall’invidia mostrata da altri scrittori e anche dalla critica che l’ha snobbato”. Secondo lui, invece, “il lavoro si presterebbe per la realizzazione di una fiction o per un film grazie al ritmo incalzante. Mi ha colpito moltissimo, anche la figura maschile del violentatore, dipinta molto bene, tanto che ritengo dica di più questo libro di certi saggi e dibattiti inutili sulla violenza sulle donne. Questo perché, per quello che ho percepito da uomo, la violenza sulle donne parte da noi maschi e nasce già nel linguaggio e nel pensiero. E per questo è un libro importantissimo.”
Prendendo lo spunto da quanto detto dal critico Serino, la Di Guardo ha affermato che i suoi primi due libri riguardavano drammi relazionali, ma, a partire dal secondo, ha intuito che poteva provare col genere noir. Comunque, ha evidenziato che “il dramma relazionale c’è sempre, perché cerco di analizzare molto i personaggi e fare dell’introspezione psicologica, in quanto credo sia molto importante far sì che il lettore si affezioni ai protagonisti”.
E’ quindi intervenuta di nuovo Speich chiedendo all’autrice cosa significhi esser una scrittrice presente sui Social. La Di Guardo ha spiegato di credere “ molto nella potenza dei social media come mi ha insegnato la storia di mia figlia Chiara (Ferragni, nda) che è stata bravissima in questo. Mi piace riuscire ad interagire con gli amici su Facebook e, in particolare, leggere opinioni sui miei libri, soprattutto su questo che si può trovare più facilmente rispetto agli altri. Anche se dovessero arrivare critiche, le ascolterei, perché mi piace avere un rapporto diretto e lo ritengo importante per capire se sto andando nella direzione giusta. Grazie ai social, ho avuto la possibilità di creare delle belle amicizie con persone che magari non conoscevo, ma con le quali ho scoperto ora di avere tante affinità.” La scrittrice ha rivelato, inoltre, che alcune donne le hanno confessato di “essersi ritrovate in certe situazioni descritte nel libro, si sono confidate e questo è stato molto bello, perché mi ha fatto capire che avevo colpito.”
Per quanto riguarda future pubblicazioni, Marina Di Guardo ha detto: “Sto già scrivendo un altro libro, tosto, con protagonista un avvocato ritirato a vita privata sulle colline piacentine, che mi piacciono davvero molto.”(E sono già comparse anche nel libro oggi presentato n.d.a.).
A questo punto, è intervenuto nuovamente Serino per sostenere che “anche nelle recensioni dei libri, Facebook ha più potere di qualsiasi tipo giornali. E’ importante l’interattività e saper usare bene i social”.
Rispondendo alle domande del numerosissimo pubblico, la scrittrice ha ribadito che “il tema principale del thriller è la violenza sulle donne. Come tutti voi, leggo e sento dei fatti raccapriccianti. Io, però, non ho voluto raccontare di donne passive, ma ho creato una figura femminile forse esageratamente attiva, che si è ribellata. Da tempo mi frullava per la testa questo personaggio e piano piano si è delineato dentro di me fino a prender forma, contornandosi poi degli altri personaggio del romanzo. Mi premeva davvero trattare di questo tema orribile con cui tutti ci dobbiamo confrontare.” Ha concluso confermando che ha imparato la lezione e oggi sa “quanto sia importante avere ben chiaro cosa si vuole descrivere. Prima di iniziare, ho cercato di pensare subito a come doveva finire, e volevo finisse, la storia raccontata.”
Ovviamente, l’ultimo atto della presentazione è stato la firma delle copie del libro ai tanti fan della scrittrice. Anch’io mi sono messo in coda per la copia che ho regalato a mia madre. Da lei, che non ama particolarmente i thriller, ho avuto la conferma che è un libro che si legge veramente tutto d’un fiato perché sa incuriosire e coinvolgere nella trama il lettore, anche quello occasionale.
Spero di aver risvegliato la vostra curiosità e vi sia venuto voglia di leggere questo thriller, un dono particolare per una donna, sia essa mamma, moglie, figlia, amica! Non solo: la lettura del romanzo è consigliabile anche a un uomo che abbia voglia riflettere un po’ (vedi affermazione di Serino riportata, n.d.a.). Io, naturalmente, l’ho già fatto.
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