Oggi è una data triste per il mondo della musica e della cultura italiana. Ricorre, infatti, in questa giornata il diciassettesimo anniversario della morte di un grande cantautore, Fabrizio De Andrè, Faber per i suoi fan. Si dice che il soprannome gli sia stato dato dall’amico d’infanzia Paolo Villaggio per la sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell, oltre che per rapppresentare un diminutivo che richiama il suo nome.
De Andrè si contraddistinse nel panorama musicale degli anni che vanno dai Sessanta fino ai Novanta per incentrare il suo repertorio musicale sugli ultimi e gli emarginati. I suoi testi affrontano tematiche ancora molto attuali, tanto da esser inseriti nelle antologie per le scuole.
Ecco dieci suoi brani che io ritengo particolarmente significativi e indimenticabili. Molti altri (tutti?!) sono entrati a far parte della storia della musica italiana… Il mio è solo un piccolo contributo al ricordo di un grande artista, la cui storia potete trovare in fonti senz’altro più autorevoli.
” La canzone di Marinella “ (1964)
Inserito nel sesto suo 45 giri, è il brano che ha dato il successo e la notorietà a Faber, grazie anche alla versione della grande Mina. Il testo racconta la storia di Maria, una ragazza che, dopo aver scoperto l’amore, muore misteriosamente. I toni della canzone sono leggeri, tipici delle fiabe e ricchi di colorate immagini, in contrasto col realismo che ha caratterizzato De Andrè.
“La guerra di Piero” (1964)
Questa è una delle canzoni in cui De Andrè parlò della guerra, ispirandosi alla storia di un suo zio che si era salvato dai campi di concentramento. Tragica esperienza di vita che aveva lasciato un segno profondo nell’animo del cantautore.
Il brano è uno di quelli inseriti nelle antologie per le scuole e, infatti, ricordo di averlo conosciuto anch’io proprio durante gli anni delle medie.
“La canzone dell’amore perduto” (1966)
Presente nel nono 45 giri del cantautore genovese, è una delle più famose ballate della musica italiana. Il testo parla di un uomo che ha concluso una relazione amorosa e che trova subito la forza per innamorarsi di un’altra donna.
Nel corso degli anni, la canzone è stata interpretata da molti grandi della musica italiana, tra cui Battiato, Baglioni, Gino Paoli, Antonella Ruggiero.
“Bocca di rosa” (1967)
E’ una delle canzoni più famose di Fabrizio De André, oltre ad essere quella che, come ha ammesso lui stesso in un’intervista televisiva a Vincenzo Mollica, più vicina al suo essere.
Una prova di quanto questo testo sia celebre è il fatto che l’espressione “bocca di rosa” è entrata nel parlare comune, venendo usata, seppur erroneamente, come sinonimo di prostituta; in realtà, come dice il testo: “Bocca di rosa… lo faceva per passione“, riferito all’amore.
La canzone narra la storia di una forestiera, Bocca di rosa appunto, che con il suo comportamento passionale e libertino rompe la tranquillità del “paesino di Sant’Ilario. De Andrè attacca con i suoi versi la mentalità perbenista e ottusa delle donne della provincia ligure che, non sopportando la condotta della nuova venuta, si rivolgono al commissario che invia “quattro gendarmi, con i pennacchi, con i pennacchi” che portano Bocca di rosa alla stazione di polizia e il commissario la fa espellere dal paesino. Il testo è molto duro nei confronti delle donne, dure e incapaci di donare amore, a differenza della forestiera. Alla forzata partenza di Bocca di rosa sono presenti commossi tutti gli uomini del borgo, i quali vogliono «salutare chi per un poco portò l’amore nel paese».
“La città vecchia ” (1974)
In questo brano è racchiuso il pensiero di De Andrè: si parla, infatti, degli emarginati (vecchi ubriachi, prostitute e loro clienti, ladri, assassini..) che popolano i quartieri più loschi della zona del porto di Genova, la sua città.
Per il titolo ed il contenuto, ha tratto ispirazione da “La città vecchia”, famoso componimento poetico di Umberto Saba ambientata nella zona portuale di Trieste. Nonostante la morale finale sia identica, si può, però, individuare una grande differenza dal punto di vista dell’ideologia: se per il poeta «s’agita in esse, come in me, il Signore», per il cantautore quella gente vive «Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, ha già troppi impegni per scaldare gente d’altri paraggi».
Quest’ultima frase è ripresa direttamente da una poesia di Jacques Prévert, “Embrasse moi”, dalla raccolta intitolata “Histoires et d’autres histoires” pubblicata nel 1963.
Da segnalare che la canzone all’epoca fu anche sottoposta a censura,perciò i versi «… quella che di giorno chiami con disprezzo specie di troia / quella che di notte stabilisce il prezzo della tua gioia» vennero sostituiti con «quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie / quella che di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie».
“Amico fragile” (1975)
Il testo parla della leggerezza e del vuoto culturale dell’alta società, dove manca lo spazio per un ragionamento e un confronto di idee. Rappresenta anche una delle canzoni in cui Faber trasmette al pubblico un suo autoritratto inquieto e sofferente.
Impossibile non notare, infatti, una visione senza filtri che va dalla più cupa arrendevolezza alla pungente ironia, dalla tristezza di chi si ritiene “la minoranza di uno” al riscatto della sua condizione di artista, ma soprattutto di uomo libero.
“Parlando del naufragio della London Valour” (1978)
Il naufragio della London Valour, evento reale accaduto a Genova nel 1970, potrebbe rappresentare una metafora dell’intera società italiana di quel periodo. Lo scopo di De André, scrivendo questa canzone, era evidenziare gli atteggiamenti della massa, descritti dagli abitanti della zona portuale di Genova che quando incappano in una tragedia, partecipano spinti soltanto dalla curiosità.
Il testo è poco chiaro e cela le critiche più dirette al potere costituito, critiche che avevano causato attacchi al cantautore già con album precedenti. Questo brano va messo in relazione alla situazione di quegli anni: dopo che il potere e le stragi hanno annientato la contestazione pacifica degli studenti, ciò che resta è solo il terrorismo delle Brigate Rosse che porta al naufragio, e la droga.
“Una storia sbagliata” (1980)
Contenuta nell’ultimo 45 giri ufficiale di De Andrè, questa canzone fu dedicata a Pier Paolo Pasolini e parla della drammatica morte del poeta, verificatasi nel 1975. Il brano venne richiesto al cantautore per la sigla di due documentari Rai sulle morti di Pasolini e Wilma Montesi, una modella. Faber pensò di chiedere all’amico Massimo Bubola di collaborare e scelsero di focalizzarsi sul poeta perché “la morte di Pasolini ci aveva resi quasi come orfani. Ne avevamo vissuto la scomparsa come un grave lutto, quasi come se ci fosse mancato un parente stretto. “, come ebbe a sottolineare De Andrè.
“Don Raffaè” (1990)
Inserito nell’album Le nuvole del 1990, il brano è caratteristico, in quanto cantato in napoletano.Non è tuttavia la prima volta che il cantautore scrive in dialetto, considerato che siamo nell’epoca della svolta world del cantautore.
Anche “Don Raffaè” nasce dall’unione di Fabrizio De André con Massimo Bubola per la stesura del testo che è una accusa verso lo stato delle carceri italiane negli anni ottanta e la sottomissione dello Stato al potere delle organizzazioni criminali.
“Dolcenera” (1996)
Collocata nell’ultimo album di De Andrè, questa canzone parla della “solitudine dell’innamorato, soprattutto se non corrisposto. Gli piglia una sorta di sogno paranoico, per cui cancella qualsiasi cosa possa frapporsi fra se stesso e l’oggetto del desiderio.” per usare le parole dello stesso cantautore in un concerto a Treviglio. Aggiunse, inoltre, che “È una storia parallela: da una parte c’è l’alluvione che ha sommerso Genova nel ’70, dall’altra c’è questo matto innamorato che aspetta una donna. Ed è talmente avventato in questo suo sogno che ne rimuove addirittura l’assenza, perché lei, in effetti, non arriva…”
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.