Per la prima volta Renzi si è recato al workshop Ambrosettii a Cernobbio. Un anno fa, infatti, aveva scelto di snobbare l’evento, andando alll’inaugurazione di una fabbrica nella bergamasca dicendo: “Vado dove si lavora, non dove si chiacchiera”. Un anno dopo, sceglie la via della diplomazia per chiarire questo cambiamento radicale: “Se un anno fa fossi venuto e avessi detto che in pochi mesi avremmo fatto la riforma del lavoro, in quanti mi avrebbero creduto. Invece in un anno abbiamo approvato il jobs act e l’articolo 18 non è più un problema. La stessa riforma per cui la Germania ha impiegato tre anni. Abbiamo recuperato solo un terzo dei posti di lavoro perduti, ma il fatto che la maggior parte siano al sud ci fa capire che siamo sulla strada giusta.” Qualcuno potrebbe obiettare che questi risultati sono anche e, forse, soprattuto merito del quantitative easing e del calo del prezzo del petrolio.
Il premier ha poi parlato di due temi, uno di grande attualità e l’altro che sta molto a cuore alla platea del workshop: l’emergenza migranti e la riduzione delle tasse “L’Italia sarà l’unica nazione che si potrà presentare al prossimo vertice sull’immigrazione senza dover cambiare posizione. Quando dicevamo che il problema andava affrontato dall’Unione europea, tutti insieme, non lo dicevamo per un problema di tre navi da portare in salvo. Si tratta di una emergenza che deve diventare una occasione in cui l’Europa dimostra la sua unità di intenti”. Peccato, però, che spesso alle riunioni su questo tema l’Italia non venga invitata, come successo negli ultimi giorni quando si sono ritrovati solo la Merkel e Hollande.
Sul tema delle tasse, Renzi, molto probabilmente, ha deluso in parte le aspettative degli imprenditori, che avevano già affermato nel primo giorno che il “funerale delle tasse” dovrebbe andare oltre la sola Tasi. Il primo ministro ha tergiversato, promettendo interventi di medio periodo: “La riduzione delle tasse è un programma sui cinque anni. Abbiamo cominciato nel 2014 con gli 80 euro: molti economisti non sono d’accordo ma uno studio Bankitalia e uno della Bocconi dicono che sono serviti a tiattivare i consumi. Nel 2015 è stata la volta dell’Irap. Il prossimo anno tocca alla tassa sulla prima casa. Nel 2017 e nel 2018 passeremo anno la riforma dell’Ires e poi dell’Irpef“. Tutto questo senza, tuttavia, specificare dove troverà le risorse necessarie per un piano così ambizioso.
Il premier ha, infine, ribadito ciò che aveva già affermato in precedenza sulle lobby che nel passato hanno fermato la crescita del paese. Ha rivolto critiche al sindacato ma ha anche parlato verso quanti lo stavano ascoltando in salai: “Sono finiti i tempi dei salotti buoni, dei patti di sindacato, degli anno l’amicizia degli amici”. Sono terminati anche perché abbiamo avuto sette anni di recessione, ma sentirlo dire da queste parti prova un certo effetto.